Cuba e i vaccini
Antimo Caro Esposito
Il nostro paese non lancia bombe contro altri popoli, né manda migliaia di aerei a bombardare città; il nostro paese non possiede armi nucleari, né armi chimiche, né armi biologiche. Le decine di migliaia di nostri scienziati e di medici su cui conta il nostro paese, sono stati educati nell’idea di salvare vite.
Fidel Castro, 2003
La società capitalista è cresciuta sviluppandosi nell’ottica di un Occidente padrone del mondo: un grande Impero che tenta di egemonizzare militarmente e culturalmente il globo.
A fare da contraltare a questa ambizione, la realtà di comunità che resistono all’arroganza.
Tra queste c’è Cuba, che resiste da oltre 60 anni al bloqueo statunitense che doveva generare “fame, disperazione e il rovesciamento del governo”, sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale sia a quello del neoliberismo reale.
Leggi tutto: Cuba e i vacciniMentre l’Impero occidentale esporta democrazia spinta dalle armi definendo buoni e cattivi, Cuba ha mostrato la sua idea di sviluppo, esportando nei Paesi del Sud del mondo e non solo, la futura umanità con i propri saperi e la propria cultura.
E’ ancora vivo il ricordo dei medici cubani in Italia durante i primi mesi della pandemia, così come sono evidenti i risultati relativi ai vaccini cubani raggiunti nell’ultimo anno.
La rivoluzione, reazione e solidarietà
Quando si parla di Cuba e del suo sistema sociale, sono due gli ambiti che immediatamente emergono sugli altri: il sistema d’istruzione e quello sanitario. Essendo Cuba un paese a matrice marxista, ci potrebbe sembrare lo sbocco naturale ma, in realtà, è stata una scelta politica strategica che ha subito tentativi di delegittimazione da parte statunitense. Subito dopo la rivoluzione, gli Stati Uniti dichiararono equipollenti le lauree scientifiche svuotando l’isola di ¾ dei medici e scienziati cubani che avrebbero rafforzato, negli USA, una classe reazionaria contraria alla rivoluzione. Per volere diretto di Fidel Castro, il governo cubano decise che alcuni medici dovevano dedicarsi allo studio delle scienze basiche: la fisica, la chimica e la matematica, in modo da porre le basi della biologia sperimentale pubblica. Questa ha potuto potenziarsi in quegli anni, grazie all’aiuto di professori provenienti dalla Spagna, dall’ Unione Sovietica e dall’Italia.
Negli anni ‘70, il professore Paolo Amati, che a quei tempi lavorava a Napoli, organizzò un gruppo di formazione formato da 15 professori italiani, specialisti in genetica animale, vegetale e umana, interamente a spese proprie, mentre il governo di Cuba mise a disposizione vitto e alloggio: dal 1971 al 1973, per sei mesi all’anno, questo gruppo formò medici cubani secondo gli standard europei e della genetica italiana che, in quel momento, era una delle migliori del mondo, gettando le basi della biotecnologia pubblica cubana.
In ambito scolastico ci furono investimenti significativi che portarono alla realizzazione di scuole e di democratizzazione dell’intero sistema scolastico, arrivando al 100% di scolarizzazione dei bambini e reali possibilità di accesso all’alta formazione universitaria per tutta la popolazione e a prescindere dal contesto sociale di appartenenza.
Il terzo pilastro
Oltre alla sanità e al sistema di educazione, c’è dunque un terzo pilastro, quello della biotecnologia pubblica cubana.
Un pilastro spesso dimenticato da chi racconta Cuba, che investe molto in questo settore per poter disegnare, sviluppare e produrre la maggior parte dei vaccini, e non sentire il peso delle multinazionali che tramite BIG PHARMA e il bloqueo, rappresenta una spada di Damocle sull’autonomia e democrazia cubana. Per tale motivo a maggio del 2020 il governo ha chiesto alla comunità scientifica di sviluppare un proprio vaccino contro SARS-CoV-2, per avere “sovranità”. Da questa esigenza nasce il nome di “Soberana”, poiché gli altri paesi avrebbero avuto dei vaccini realizzati da multinazionali mentre i cubani sarebbero stati abbandonanti a un triste destino. Gli Stati Uniti, nonostante gli anni passati, non accettano che esista un’altra storia e che si sviluppi in modo diametralmente opposto alla loro idea di profitto che agisce a danno della vita delle persone.
L’obiettivo di un vaccino capace di rispondere a questa sfida ha acceso l’entusiasmo dei componenti della comunità scientifica cubana che hanno sentito, per usare le loro parole, “l’orgoglio di essere scienziati per il popolo, essendo parte del popolo”.
I vaccini cubani
La comunità scientifica cubana è riuscita a realizzare cinque candidati vaccinali di cui ben tre sono diventati vaccini autorizzati a Cuba e in altri Paesi: Abdala, Soberana 02 e Soberana Plus. Soberana 02 lega chimicamente una porzione della proteina spike di SARS-CoV-2 a un frammento innocuo della tossina tetanica. Utilizzando, dopo due dosi di Soberan 02, il boost con Soberana PLUS, si raggiunge un’efficacia superiore al 90% nella protezione contro l’infezione sintomatica, un tasso comparabile quindi con quello dei vaccini a mRna (Pfizer-BioNTech e Moderna). Abdala, invece, viene somministrato in tre dosi, ed è, come Soberana, un vaccino che utilizza frammenti della proteina spike che non vengono prelevati direttamente dal virus, ma coltivati invece in cellule di un lievito (Pichia pastoris, mentre nel caso di Soberana si usano cellule di mammifero) progettate a tale scopo. Abdala e Soberana sono autorizzati in Iran, Nicaragua, Venezuela, Messico, Vietnam e sono di supporto in Siria e nella Repubblica del Saharawi. Alcuni dei vantaggi di questi vaccini risiedono nel fatto che non hanno bisogno di essere preservati a temperature eccessivamente basse e, a differenza di AstraZeneca e Johnson & Johnson, causano minori eventi avversi tra cui quelli legati a problemi di coagulazione. Cuba a oggi vanta i più alti tassi di vaccinazione, avendo di fatto sviluppato anche Soberana 2, pensato per la popolazione pediatrica, che può essere utilizzato dai due anni in su. Cuba ha vaccinato il 90% della sua popolazione e il 97% della sua popolazione pediatrica, vaccinandone la maggior parte prima di riaprire le scuole. Secondo studi scientifici il grado di protezione dal virus è superiore al 90% ma nonostante gli studi pubblicati, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha delle barriere legate a standard sulla produzione, e non sui risultati o la tutela della salute di uomini e donne, a cui possono rispondere solo i paesi occidentali e le multinazionali del farmaco, che rallentano il percorso, già iniziato, di pre-qualifica dei vaccini verso OMS. A pesare maggiormente su questa situazione c’è il bloqueo che, di fatto, limita anche l’accesso alle tecnologie sulle quali gli standard di produzione spesso si basano.
Scienziati del popolo essendo parte del popolo
In Occidente il rapporto tra intellettuali e popolo è stato spesso difficile e travagliato, e quasi mai si è realizzata una connessione sentimentale tra comunità scientifica e popolo. A Cuba invece non è così. Gli scienziati dell’Istituto Finlay, che sono stati in Italia a raccontare dell’esperienza cubana, hanno tenuto a sottolineare il loro rapporto con la rivoluzione, con Fidel e l’essere “scienziati del popolo, essendo parte del popolo”. Tra questi Vicente Verez-Bencomo, Direttore dell’Istituto Finlay, Dagmar Garcia-Rivera, Direttrice della ricerca dell’Istituto Finlay e Luis Herrera-Martinez, advisor di Bio CubaFarma. Tre generazioni di scienziati a confronto.
Il prof. Luis Herrera aveva 15 anni quando la Rivoluzione liberò Cuba dall’ingerenza mafiosa statunitense: è stato allievo del professore Paolo Amati, ed è stato tra gli sviluppatori del vaccino cubano contro l’epatite B; di quegli anni e della Rivoluzione è vivo il suo ricordo e del rapporto di Fidel con la scienza e la tecnologia cubana. Quando riuscì a ottenere i primi risultati significativi, il Comandante ci tenne ad incontrarlo e ad abbracciarlo.
Per cogliere il rapporto tra scienziati e popolo, la dott.sa Dagmar Garcia-Rivera sottolinea come anche durante il “Periodo Special” durato quasi dieci anni tra il 1991 e il 2000, (un periodo molto difficile a causa dei mutamenti economici e geopolitici che rendevano difficile l’approvvigionamento di risorse), gli investimenti in sanità e istruzione non diminuirono. Questo impegno del governo dava la sensazione a un’intera comunità di essere inserita in progetti i cui risultati erano per il popolo a differenza del consueto agire in Occidente, dove al minimo sentore di crisi economica si tagliano istruzione e ricerca e il lavoro degli scienziati è di proprietà delle grandi multinazionali, agendo di fatto come dei corpi estranei alla società.
Perno dall’attuale sistema scientifico cubano è il dott. Vicente Verez-Bencomo, vero e proprio lìder scientifico dell’isola, capace di disegnare e sviluppare idee che sono alla base di 3 diversi tipi di vaccino contro diverse malattie infettive, con l’unico obiettivo di salvare le vite della popolazione. Tra questi c’è il primo vaccino sintetico della storia, l’unico, contro l’Hib (Haemophilus influenzae tipo B) e il vaccino contro la polmonite fondamentale per salvaguardare i bambini cubani. Quest’ultimo rappresenta una valida alternativa rispetto a quello occidentale che costa 30 dollari a dose, e un bambino ha bisogno di 3 dosi. Fondamentale ricordare che la polmonite rappresenta la principale causa di morte per i bambini sotto i 5 anni. Oltre i meriti in campo scientifico Vicente Verez-Bencomo ha un rapporto viscerale con Cuba e la Rivoluzione. Senza di essa non avrebbe potuto accedere all’alta formazione universitaria, lui, figlio di una Cuba popolare e ai margini della società, fortemente classista del Governo Batista. Dopo gli studi a Cuba, studia Ingegneria Chimica a Mosca, ed effettua un dottorato di ricerca in Francia dove mette in risalto il rapporto tra Rivoluzione, popolo e desiderio per i bambini di divenire scienziati per il popolo.
L’autore ringrazia Fabrizio Chiodo, ricercatore CNR ed Istituto Finlay, per i commenti e per la revisione della parte tecnica-scientifica.
Fonti:
Ulteriori pubblicazioni sono state da poco accettate su importanti riviste scientifiche Internazionali.
Alcune notizie sono tratte dagli incontri tenuti dalla comunità scientifica cubana a Napoli e a Torino.
Antimo Caro Esposito, classe 1990, è docente precario di matematica applicata, componente dell’esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti e segretario del PRC di Napoli.