Aggiungi una poltrona e un palazzo per le multinazionali
Monica Di Sisto
Un governo che “Il Sole 24 ore” definisce “filoccidentale”, con la presenza, come ministra della Finanza, della cittadina statunitense di origine ucraina Natalia Jaresko, amministratrice delegata di un fondo di investimenti del gruppo Horizon Capital. Alla Finanza il banchiere lituano Aivaras Abromavicius, partner della società di investimenti East Capital, che ha lavorato in Ucraina negli ultimi 20 anni, dopo aver ricoperto incarichi al Dipartimento di Stato americano. Una modalità suggestiva di reclutamento, raccontata sempre dal quotidiano economico: la selezione è stata fatta da due società, Pedersen & Partners e Korn Ferry, che hanno trovato 185 potenziali candidati tra gli stranieri presenti a Kiev e tra i membri della comunità ucraina che lavorano in Canada, Stati Uniti e Regno Unito. Il processo di “head hunting” (letteralmente “cacciatori di teste”, cioè selezionatori di candidati di alto livello), sottolineato sempre da “Il Sole 24 ore”, è stato sostenuto dalla Fondazione Renaissance, network globale di consulenza politica finanziato dal miliardario americano di origini ungheresi George Soros. Secondo il “Kyiv Post”, Soros avrebbe pagato più di 80mila dollari per sostenere le due società coinvolte nella selezione di personale. L’Ucraina invasa dalla Russia di Putin, per difendere i propri confini e gli interessi degli investitori, li coinvolge direttamente, per interposto ex-superdirigente, nel governo della cosa pubblica, sperando così di guadagnare ancor più protezione e strumenti di reazione.[i] E’ solo l’ultimo, eclatante, caso di “corporate capture” del governo globale: quella deriva per cui si è passati dal fenomeno sconveniente delle “porte girevoli” tra incarichi nelle istituzioni pubbliche e comode poltrone in vertici aziendali e consigli di amministrazione alla chiamata diretta alla cogestione della cosa pubblica tra politica e grandi gruppi industriali e finanziari.
Leggi tutto: Aggiungi una poltrona e un palazzo per le multinazionaliC’è una mediatrice a Bruxelles
Per comprendere che i rapporti tra interessi economico-finanziari e decisori politici ai massimi livelli non vivano una stagione di specchiata autonomia non occorre dover arrivare fino in Ucraina per capirlo. Basta fermarsi a Bruxelles. La mediatrice del corretto funzionamento delle istituzioni europee, la Ombudsman Mary O’Reilly, nella sua Relazione 2021 relativa all’anno 2020 ha concentrato l’attenzione su quelle “decisioni rapide sui finanziamenti dell’Unione, sull’acquisto di prodotti e servizi per contribuire ad affrontare la pandemia e sulle priorità politiche” perché, ha sottolineato, “è proprio in tempi difficili che l’amministrazione deve dare il meglio e il massimo di sé per rassicurare e tranquillizzare i cittadini sulla giustezza delle misure adottate e sull’adeguatezza della loro attuazione”. A voler riassumere: c’è poco da stare tranquilli. Scorrendo i casi segnalati, c’è, per esempio, la denuncia presentata da parlamentari europei e società civile sulla decisione della Commissione europea di aggiudicare alla BlackRock Investment Management un appalto per l’esecuzione di uno studio sull’integrazione degli obiettivi ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle norme bancarie dell’UE. La Ombudsman ha riscontato[ii]“che l’offerta era tale da suscitare dubbi poiché la società in questione, essendo il gestore di attività più grande al mondo, ha interessi finanziari nel settore oggetto dello studio. Inoltre, il basso prezzo di questa offerta poteva essere interpretato come parte di una strategia volta a ottenere informazioni ed esercitare influenza sulle attività di regolamentazione del settore”. Un ennesimo procedimento, invece, ha verificato le prassi della Commissione per l’approvazione delle sostanze attive riguardo alle quali l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – l’organismo dell’UE incaricato della valutazione scientifica della sicurezza – aveva individuato aree critiche potenzialmente problematiche o non aveva riscontrato alcun uso sicuro. La Mediatrice “ha illustrato dettagliatamente alla Commissione il motivo per cui ritiene che le sue prassi attuali siano tali da suscitare dubbi”.
Il Parlamento europeo ha di recente valutato il Report annuale delle attività di O’Reilly[iii], approvandolo pienamente, e ha espresso, facendo un focus sulla pandemia, “rammarico” per il fatto che la Commissione europea “non abbia fornito spiegazioni adeguate alle richieste concernenti gli elementi chiave delle sue attività durante la crisi di COVID-19”, invitando peraltro la stessa Commissione europea a “chiarire il suo processo decisionale riguardante gli appalti pubblici di emergenza, incluse le procedure di nomina dei membri dei diversi comitati, al fine di garantire la piena trasparenza del processo”. Il Parlamento, inoltre, “ritiene che sia nell’interesse dei cittadini europei avere chiarezza e trasparenza sugli accordi di acquisto preventivi e sugli accordi di acquisto relativi ai vaccini contro la COVID-19 e che ciò debba prevalere sulla richiesta dei produttori di introdurre clausole di non divulgazione”; incoraggia la Mediatrice “a continuare le sue indagini e a chiedere alla Commissione di pubblicare le versioni non espunte degli accordi preliminari di acquisto e degli accordi di acquisto”; esorta la Commissione “a garantire piena trasparenza su tutti i dettagli della ricerca, dello sviluppo, dell’acquisto e della distribuzione dei vaccini contro la COVID-19, pubblicando versioni non espunte degli accordi preliminari di acquisto e degli accordi di acquisto e rendendo obbligatoria la divulgazione di tutti i dettagli dei futuri contratti concernenti i vaccini contro la COVID-19 quale condizione preliminare per l’avvio di futuri negoziati con le compagnie farmaceutiche”. Il documento sottolinea, ancora, che “la minima mancanza di trasparenza nel quadro della pandemia di COVID-19 è contraria al diritto dei cittadini di essere informati e alimenta la disinformazione e la sfiducia”.
Una mancanza di trasparenza cui però Ursula Von der Leyen in persona sembra non voler porre rimedio: la strigliata della O’Reilly, infatti, riguarda proprio un articolo pubblicato dal “New York Times” lo scorso anno dove si rivelava che la presidente della Commissione europea e l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla si erano scambiati messaggi di testo e telefonate sugli acquisti di vaccini contro il Covid19 per i Paesi dell’Ue. Messaggi sensibili perché la Commissione è stata accusata di aver pagato, per i vaccini mRNA Covid acquistati direttamente, 31 miliardi di euro al di sopra del costo di produzione[iv]. Il 28 gennaio scorso, O’Reilly ha messo in mora di nuovo la “cattiva amministrazione” dei vertici Ue, per non aver fornito l’accesso ai messaggi di testo. O’Reilly ha raccomandato alla Commissione di “fare una ricerca più ampia per i messaggi pertinenti”. Siamo ancora in attesa che la Commissione risponda[v].
Se non puoi piegare un’istituzione, inventala!
La pratica più spinta di governo corporativo delle decisioni che ci riguardano, però, è abbastanza recente e riguarda specifici organismi creati, nell’ambito delle istituzioni internazionali, con l’obiettivo di permettere agli interessi privati di sedersi con propri rappresentanti, prendere parola e votare sulle questioni chiave delle politiche globali. La prima mappa di questa pratica, definita “multistakeholderism/multiattorismo”, è stata tracciata da un gruppo di organizzazioni coordinate dal Transnational Institute (Tni) nel rapporto “The great takeover”[vi]. Le origini di questa deriva nascono da quella retorica, molto diffusa dapprincipio soprattutto nei corridoi delle Nazioni Unite, di raccogliere nuovi finanziamenti, migliore efficienza e dinamismo, più consenso e “partecipazione” grazie a una sempre maggiore presenza delle imprese nei programmi in atto. Ma la svolta si è avuta nel 2019, quando António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha sottoscritto con il Forum economico mondiale (WEF) un accordo di partenariato cui, sempre con la penna accordo di Guterres, ha fatto seguito, a settembre 2021 il documento “Our Common Agenda”[vii], che disegna il percorso delle istituzioni multilaterali per i prossimi anni e presenta la relazione sempre più stretta tra settore pubblico e privato come l’unico modo per affrontare le molteplici crisi che il mondo deve affrontare. Con buona pace della democrazia parlamentare rappresentativa.
Educazione, agricoltura e cibo, ambiente e salute sono le quattro miniere di fondi pubblici cui le imprese attingono. Se concentriamo l’attenzione solo sui temi sanitari, vista l’epoca, di queste istituzioni ibride ne contiamo almeno 18, tutte profondamente influenti sulle decisioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, quando non trasformatisi come suoi veri e propri bracci operativi. Pensiamo, per esempio, al Global fund e a Gavi, creati per consentire la mobilitazione di risorse per combattere la tubercolosi, la malaria e l’AIDS e rafforzare i programmi di vaccinazione, con bilanci miliardari dai risultati discutibili ma regolarmente rimpinguati dai G8, dall’Ue, dalla Banca Mondiale, come da corporation come Microsoft, Coca Cola, Google, da Fondazioni come Gates e Rockfeller e dalle stesse Nazioni Unite con Oms e Unicef. Pensiamo anche a Covax, recente meccanismo pubblico-privato di finanziamento dell’acquisto di vaccini per i Paesi più poveri, che vede tra i suoi sponsor Bill & Melinda Gates Foundation, Gamers Without Borders, Soccer Aid poi Mastercard, come TikTok, Stati tra i G20 e l’Ue, poi Onu, Ocse e fondi del gruppo Banca Mondiale, ma che ha miseramente fallito nel suo compito di moltiplicarne gli acquisti e le consegne per limitare la diffusione della pandemia di Covid-19[viii]. Alla creazione di queste strutture private dedicate, negli anni, è corrisposto un simmetrico disimpegno degli Stati rispetto alle proprie responsabilità istituzionali, misurabile, per esempio, nella diminuzione dei finanziamenti dei Paesi ricchi all’Oms, oltre che ai tagli della spesa pubblica nazionale in sanità, e nel travaso in queste complesse partite di giro tra finanziatori e fornitori mascherate da efficienti e moderni meccanismi pubblico-privati, a tutto svantaggio degli esiti di sanità pubblica. Un terreno di conflitto sconosciuto ai più ma su cui accendere i riflettori, per ricondurre fondi e decisioni ai legittimi consessi: quelli pubblici e democratici.
*giornalista, vicepresidente di Fairwatch
[i] [i] https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-02/l-ucraina-vara-governo-ministri-stranieri-selezionati-cacciatori-teste-202117.shtml?uuid=ABjsv6KC
[ii] https://www.ombudsman.europa.eu/it/press-release/it/135414
[iii] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0031_EN.html
[iv] https://www.investigate-europe.eu/en/2021/eu-negotiators-covid-19-vaccine-price-moderna-pfizer/
[v] https://www.rainews.it/articoli/2022/03/covid-polemica-su-sms-tra-von-der-leyen-e-ad-pfizer-approda-alleuroparlamento-08cf303a-7255-4153-9592-a8a67a5fb8b7.html
[vi] https://www.tni.org/files/publication-downloads/great_takeoverbook_-_14_jan_2022.pdf
[vii] https://unfoundation.org/our-common-agenda/
[viii] [viii] https://longreads.tni.org/covax