ISIS, una creatura della guerra USA

Clara Statello*

Gli Stati Uniti d’America hanno creato l’Isis per gettare nel caos la regione medio-orientale e distogliere l’attenzione dai crimini di Israele. E’ questa la convinzione della guida suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei.

“La politica degli Stati Uniti è quella di mantenere l’ISIS, ma sotto il proprio controllo. Naturalmente, l’ISIS e altri gruppi simili sono facili da creare per gli Stati Uniti, ma difficili da gestire. Vogliono continuare a comandare con l’Isis, oltre al fatto che gli Stati Uniti non sono in grado di rendere sicura la regione”, aveva dichiarato[1] nel 2018. Ali Akbar Velayati, un suo stretto collaboratore, sosteneva[2], che gli Stati Uniti avessero creato l’ISIS e al Nusra per poter entrare in Siria e occupare l’Eufrate centrale.

Abdullah Ganji, ex direttore capo del quotidiano Javan, aveva esposto tre ragioni per cui l’Occidente avrebbe creato l’Isis[3]:

“Innanzitutto mettere i musulmani gli uni contro gli altri, disperdere le loro energie e in tal modo garantire, se non rafforzare, la sicurezza di Israele. In secondo luogo, viene presentato al mondo il volto brutale, violento e omicida dell’Islam. E terzo, creare un problema all’Iran”.

Tali opinioni sono largamente diffuse in Iran e non solo. Secondo un rapporto del Dipartimento di Stato statunitense[4] pubblicato nel 2016, lo pensavano circa un terzo degli iracheni. La stampa occidentale le tratta come “teorie cospirazioniste”, facilmente attecchibili in un Paese dal 1979 fortemente antiamericano.

Se ciò è vero non è neanche del tutto sbagliato individuare le responsabilità statunitensi nella formazione ed affermazione dello Stato Islamico (Daesh). Due argomentazioni a sostegno di questa ipotesi sono piuttosto forti:

È accertato che i jihadisti abbiano utilizzato armi fornite dall’Occidente;

Gli obiettivi degli attentati terroristici dell’ISIS nella regione mediorientale sono prevalentemente musulmani. In particolare l’esercito del Califfato ha colpito l’Iran ma mai Israele, un cuneo occidentale nel mondo arabo-islamico.

E’ emblematico l’attentato compiuto ad inizio anno contro l’Iran dall’Isis Korasan. Il 3 gennaio 2020 gli Stati Uniti uccidevano a Bagdad, in un attacco con droni killer, il generale Qasem Soleimani, protagonista della guerra in Siria contro il Daesh. Esattamente quattro anni dopo l’Isis Khorasan uccideva con due attacchi kamikaze al cimitero di Kerman 84 pellegrini che si recavano alla commemorazione del leader delle forze speciali Quds. Negli stessi giorni Israele lanciava una serie di raid in Libano e Siria per colpire obiettivi di Hamas e dell’asse della Resistenza a guida iraniana.

Qualche mese più tardi, dopo il trionfo (scontato) di Vladimir Putin alle elezioni presidenziali russe del 2024, l’Isis-K ha rivendicato il cruento attentato terroristico al Crocus City Hall a Krasnogorsk’, nell’oblast di Mosca, costato la vita a 145 persone. L’immediata rivendicazione del gruppo jihadista ha permesso agli Stati Uniti di mettere al riparo Kiev dalle accuse di coinvolgimento.

Nel prendere di mira gli stessi nemici dell’Occidente, la strategia dello Stato Islamico si incastra perfettamente nella guerra ibrida per procura che gli Stati Uniti conducono da circa dieci anni contro la Russia e i suoi partner, servendosi di eserciti locali, le cosiddette “proxy”. Sebbene non sia possibile dimostrare alcuna coordinazione tra le forze, almeno un documento desecretato mostra come i comandi statunitensi abbiano visto nei gruppi jihadisti un’opportunità per contenere i propri avversari. Un rapido excursus storico illustrerà le responsabilità di Washington nella creazione dell’ISIS e più in generale i suoi rapporti con il fondamentalismo islamico.

Come è nato l’ISIS

“In Iraq Al Qaeda non esiste perché è uno Stato laico, piuttosto sarà la guerra a portare nel Paese il terrorismo islamico”. Era questa una delle più forti argomentazioni del movimento pacifista contro la guerra in Iraq, nel 2003. Magra consolazione: avevamo ragione.

Fu proprio l’invasione e l’occupazione statunitense dell’Iraq a creare le precondizioni affinché i gruppi radicali sunniti, come l’Isis, potessero mettere radici. 

“Non esisterebbe l’Isis se non avessimo invaso l’Iraq”, ha ammesso[5] più di dieci anni dopo il tenente colonnello australiano David Kilkullen, ex consigliere militare del generale David Petraus, convinto che l’attacco in Medio Oriente sia stato “il più grande errore strategico dall’invasione della Russia da parte di Hitler nel 1941”.

Assieme a Saddam Hussein, gli Stati Uniti distrussero il suo apparato laico mettendo al potere un governo sciita. Da un giorno all’altro le elite sunnite si ritrovarono senza occupazione e private dei loro averi, mentre le classi lavoratrici delle regioni sunnite furono colpite dalla disoccupazione a causa della chiusura delle fabbriche. Infine venne sciolto l’esercito, con oltre mezzo milione di soldati ben addestrati. In seguito lo stesso Colin Powell, avrebbe descritto quei soldati disoccupati come le prime reclute per l’insurrezione[6].

La violenza, le torture, il caos, spinsero la popolazione sunnita tra le spire del radicalismo islamico. Nell’ottobre 2004 il gruppo  Jama’at al-Tawhid wal-Jihad guidato da Abu Musab al Zarqawi giura fedeltà a Osama bin Laden. Nasce così Al Qaeda in Iraq (AQI), che nel 2006 diventerà Stato Islamico dell’Iraq (ISI).

La guerra ad Al Qaeda iniziata nel 2001 dagli Stati Uniti aveva trasformato l’Iraq in una incubatrice del terrorismo islamista. In particolare la prigione di Camp Bucca, nel Sud del Paese, divenne una palestra di jihadismo, dove i prigionieri si radicalizzavano. Lì era detenuto anche Abu Bakr al-Baghdadi, l’autoproclamato califfo e leader dell’Isis, assieme ad alcuni suoi vice. Secondo l’esperto di terrorismo iracheno Hisham al-Hashimi[7] , Baghdadi “ha assorbito l’ideologia jihadista e si è affermato tra i grandi nomi” proprio mentre era a Bucca.

Divenuto capo dell’ISI nel 2010, l’anno successivo inizia a mandare agenti in Siria tra i gruppi miliziani dell’opposizione contro il presidente Bashar Al Assad. Poiché Damasco era un alleato chiave della Russia, il dipartimento di Stato USA, guidato da Hillary Clinton, decise di correre il rischio di armare i ribelli in Siria.

Nel 2014 Garikai Chengu, studioso africano ad Harvard, Stanford e Columbia University, scriveva[8]:  

“In modo piuttosto imbarazzante, molti di questi ribelli siriani si sono ora rivelati essere delinquenti dell’Isis, che brandiscono apertamente fucili d’assalto M16 di fabbricazione americana”.

Per alcuni anni i gruppi jihadisti approfittarono del caos per confondersi tra l’opposizione siriana. Fino a metà 2014 erano chiamati “ribelli democratici” dalla stampa e dai leader occidentali.

Quando nel 2011 scoppiarono le rivolte anti-Assad il nuovo capo di Al Qaeda,  Ayman al-Zawahiri, chiese l’intervento dei gruppi jihadisti iracheni, che si insediarono in Siria costruendo basi operative, reclutando milizie e raccogliendo fondi. Solo nel giugno del 2014, dopo la presa di Raqqa, l’Isis lancia la sua offensiva, prima conquistando Mosul e poi Tikrit. A fine mese proclama il califfato dello Stato Islamico in Iraq e Siria. Ancora una volta, l’ ingerenza occidentale per “democratizzare” un altro Paese aveva prodotto uno scenario oscuro, caratterizzato dal terrorismo islamico, dalla guerra e dai massacri della popolazione civile.

Il sostegno occidentale all’ISIS

Una relazione presentata nel 2015 da Daniel L.Byman alla Commissione antiterrorismo del Congresso statunitense, individua nella strategia la principale differenza tra Al Qaeda e l’Isis. Il primo combatte un “nemico lontano” gli Stati Uniti, il secondo il “nemico vicino”, principalmente gli “apostati” sciiti, Siria, Iran, Hezbollah e Huiti. Se si aggiunge la Russia, intervenuta a sostegno di Damasco, si nota che Isis e Occidente hanno qualcosa in comune: gli stessi nemici.

Un documento della Defence Intelligence Agency (DIA) del 2012[9], desecretato nel 2014, identifica l’AQI e i gruppi salafiti come le “forze principali che guidano l’insurrezione in Siria”. Inoltre afferma che “i paesi occidentali, il Golfo stati e Turchia” sostenevano gli sforzi dell’opposizione per prendere il controllo della Siria orientale.

La creazione di un principato “salafita dichiarato o non dichiarato”, prosegue il rapporto del Pentagono, “è esattamente ciò che vogliono le potenze che sostengono l’opposizione, per isolare il regime siriano, considerato la profondità strategica dell’espansione sciita (Iraq e Iran)”.

A un anno dall’inizio delle rivolte siriane, Stati Uniti e alleati non solo sostenevano e armavano un’opposizione che sapevano essere dominata da gruppi settari estremisti, ma erano disposti a tollerare la creazione di uno Stato Islamico come cuscinetto sunnita per indebolire la Siria, e di conseguenza Iran e Russia.

Il supporto delle potenze occidentali è emerso in indagini giornalistiche e giudiziarie. Nel 2015 la corte di Londra archiviò le accuse contro uno svedese, Bherlin Gildo, processato per terrorismo in Siria[10], dopo che la difesa dimostrò che era proprio l’intelligence britannica ad armare gli stessi gruppi ribelli che l’imputato era accusato di sostenere. I legali sostennero che continuare il ​​processo sarebbe stato un “affronto alla giustizia” poiché le prove mostravano che lo stesso Stato britannico stesse fornendo “ampio sostegno” all’opposizione armata siriana. Oltre all’assistenza non letale, anche addestramento, supporto logistico e armi su vasta scala. L’accusa rinunciò per evitare di mettere in imbarazzo i servizi segreti.

Un’inchiesta[11] del premio Pulitzer Seymour Hersh ha portato alla luce la collaborazione tra MI6 e CIA su una “rat line” per trasferire le armi dalla Libia ai ribelli siriani nel 2012 dopo la caduta di Gheddafi.

Infine, un rapporto dell’istituto britannico  Conflict Armament Research[12] mostra come l’ISIS riuscì ad armarsi grazie al sostegno dell’ex presidente Barak Obama ai ribelli siriani. Gli Stati Uniti avrebbero acquistato “un gran numero” di armi e munizioni di fabbricazione russa, cinese e dei Paesi dell’Europa orientale, per dirottarle verso attori non statali in Siria senza avvisare i venditori, violando i “termini di vendita ed esportazione concordati”.

“Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno fornito la maggior parte di questo materiale senza autorizzazione, apparentemente alle forze di opposizione siriane. Questo materiale dirottato, recuperato dalle forze dell’IS, comprende esclusivamente armi e munizioni del calibro del Patto di Varsavia, acquistate dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita da paesi europei “, scrive il rapporto.

Conclusioni 

Nella storia gli Stati Uniti si sono serviti più volte dell’estremismo islamico, prima per combattere il comunismo, poi per consolidare il dominio geopolitico. In Egitto la CIA utilizzò i Fratelli Musulmani come barriera contro l’espansione sovietica e la diffusione dell’ideologia marxista tra le masse arabe. Negli anni ’60 i servizi statunitensi e britannici sostennero il golpe di Suharto contro Sukarno in Indonesia ed il feroce sterminio dei comunisti compiuto dai fondamentalisti islamici. Venti anni dopo, in Afghanistan gli Stati Uniti supporteranno i mujaheddin antisovietici, definiti freedom fighters. Tra questi c’era Osama bin Laden, che poi darà vita ad Al Qaeda. Distrutto il Daesh, alcuni gruppi jihadisti ceceni e dell’ISIS-K si sono riversati in Ucraina per combattere contro la Russia o per raggiungere i Paesi UE[13].

“Il fondamentalismo sunnita può dunque svolgere questo ambiguo ruolo di alleato prezioso sui campi di battaglia, nei circuiti finanziari, sui tavoli in cui si decidono le scelte energetiche globali e come nemico, altrettanto  prezioso, nella battaglia per influenzare le opinioni pubbliche, per costruire un immaginario subalterno alle strategie imperialistiche”, scriveva nel 2015 Luca Cangemi in uno studio che mette in relazione il fondamento islamico con i progetti imperialisti degli Stati Uniti.

Con questo lavoro non si vuole sostenere la tesi iraniana dell’Isis creatura degli Stati Uniti, poiché fino ad ora ciò non è dimostrabile. Tuttavia il terrorismo islamico serve all’imperialismo statunitense e al colonialismo europeo per legittimare le guerre di dominio e soprattutto ne è la conseguenza.

 Si ritiene pertanto di concludere con le parole di Garikai Chengu: “Il terrorismo è il sintomo, l’imperialismo americano è il cancro. In parole povere, la guerra al terrorismo è terrorismo“[14].


[1] https://www.newsweek.com/us-created-isis-distract-world-israel-iran-defeated-it-khamenei-says-857359

[2] https://www.newsweek.com/america-created-isis-top-iranian-official-claims-990634

[3] https://time.com/3720081/isis-iran-us-creation/

[4] https://abcnews.go.com/International/iraqis-us-supports-terrorism-isis/story?id=38220207

[5] https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/iraq-war-invasion-caused-isis-islamic-state-daesh-saysus-military-adviser-david-kilcullen-a6912236.html

[6] https://www.newsweek.com/colin-powell-bush-administrations-iraq-war-mistakes-65023

[7] https://www.al-monitor.com/originals/2015/03/isis-baghdadi-islamic-state-caliph-many-names-al-qaeda.html

[8] https://www.counterpunch.org/2014/09/19/how-the-us-helped-create-al-qaeda-and-isis/

[9] https://www.judicialwatch.org/wp-content/uploads/2015/05/Pg.-291-Pgs.-287-293-JW-v-DOD-and-State-14-812-DOD-Release-2015-04-10-final-version11.pdf

[10] https://www.theguardian.com/uk-news/2015/jun/01/trial-swedish-man-accused-terrorism-offences-collapse-bherlin-gildo

[11] https://www.lrb.co.uk/the-paper/v36/n08/seymour-m.-hersh/the-red-line-and-the-rat-line

[12] https://www.newsweek.com/how-isis-got-weapons-us-used-them-take-iraq-syria-748468

[13] https://archive.is/ZeBqA#selection-2909.68-2913.57

[14] https://www.counterpunch.org/2014/09/19/how-the-us-helped-create-al-qaeda-and-isis/


*Clara Statello, laureata in Economia Politica all’Università di Siena, collabora con OttolinaTV, L’Antidiplomatico e la redazione di Pressenza.

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