IL VENEZUELA DI NICOLAS MADURO: INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE ELETTO.
Simona Suriano*
Dal 9 all’11 gennaio di questo nuovo 2025, una folta delegazione Italiana è volata verso Caracas per assistere all’insediamento del presidente eletto Nicolas Maduro.
Anche io ho fatto parte di quella delegazione ,“ospitata” dal Partito della Rifondazione Comunista, e ho avuto l’occasione di approfondire (prima e durante la missione) quegli aspetti del Venezuela e del Sud America colposamente (o dolosamente) ignorati dall’informazione nostrana.
Senza voler entrare nei gangli delle procedure istituzionali del paese, men che meno nelle polemiche derivanti dalla rielezione di Nicolas Maduro (erede politico di Ugo Chavez e della sua rivoluzione bolivariana che ha ancora una forte eco in Venezuela) va comunque dato atto che l’attuale presidente eletto gode di un forte sostegno popolare di massa e non solo.
Le forze dell’ordine e l’apparato militare sostengono l’attuale Presidente e, in un paese in cui i colpi di Stato organizzati dalle forze armate sono una tradizione, non è cosa di poco conto. Oltre a ciò, vi è la testimonianza diretta nell’aver preso parte alla cerimonia di insediamento di Nicolas Maduro dove una marea umana ha festeggiato e danzato per l’insediamento del Presidente.
Ciò che tuttavia la stampa occidentale occulta sono le vere ragioni alla base dell’attuale situazione di crisi economica e sociale che il Venezuela attraversa.
In una Caracas sottoposta a elevate misure di sicurezza nei giorni dell’insediamento (in quanto sotto minaccia costante degli oppositori di Maduro di organizzare sommosse e scontri) nonché l’annunciato insediamento parallelo di Edmundo Gonzales Urrutia, riconosciuto da una parte della comunità internazionale come il vero vincitore delle elezioni di luglio 2024, la delegazione internazionale di cui facevo parte ha comunque serenamente partecipato alle iniziative organizzate nei giorni dell’insediamento.
L’INTERNAZIONALE ANTIFASCISTA.
In un clima comunque festoso, di sostenitori dell’attuale presidente, una delegazione di circa 2000 persone provenienti da più di 120 paesi ha preso parte ai lavori dell’Internazionale Antifascista. Una piattaforma voluta dal governo Maduro per raccogliere la comunità internazionale intorno ai temi dell’antifascismo, dell’antimperialismo e anticolonialismo. Una piattaforma che vuol sicuramente far luce sulle difficoltà internazionali che vive il Venezuela e con esso altri paesi dell’America Latina nemici degli Stati Uniti (come Cuba) dove le forti sanzioni, il congelamento di risorse all’estero, i blocchi commerciali impediscono di svilupparsi
secondo le regole del commercio internazionale e dovendo affrontarle con misure che aggirino le sanzioni per garantire lo sviluppo interno e la pace sociale.
L’Internazionale Antifascista è stata aperta dalla vice presidente del Venezuela, Delcy Rodriguez, che con molta grinta ha ricordato le difficoltà che il paese a causa delle sanzioni, dell’embargo e del congelamento delle risorse da parte della comunità occidentale patisce; ha solidarizzato col popolo palestinese oggetto anch’esso di una guerra colonizzatrice che vuole eliminarla ed estirparla dai suoi territori, e ricordato l’importanza delle conquiste sociali iniziate con Ugo Chavez e che si vogliono portare avanti col nuovo mandato presidenziale.
Il peccato originale di tanta acredine da parte degli Stati Uniti (e dell’Occidente segugio degli interessi statunitensi) è l’aver voluto, da Chavez in poi, cambiare linea alle politiche economiche ed energetiche del paese, riappropriarsi della produzione del petrolio (di cui il Venezuela possiede uno dei più grandi giacimenti al mondo) e delle risorse energetiche per avviare una serie di riforme di sostegno della popolazione in materia scolastica, sanitaria, alimentare.
In un contesto non facile, dove il Venezuela ha raggiunto inflazione a tre cifre, dove i beni di prima necessità (causa embargo, sanzioni e debolezza produttiva del paese) scarseggiano e che ha visto milioni di venezuelani emigrare, il paese ha comunque resistito all’urto e recentemente invertito la tendenza, ridotto l’inflazione e registrato buoni tassi di crescita economica, oltre ad avviare riforme economiche volte a rendere il paese autonomo dalle importazioni di cui è ancora pesantemente dipendente. Va infatti ricordato che per anni il Venezuela si è sostenuto grazie alle esportazioni di petrolio e importato quasi tutto dall’estero.
Le sanzioni dunque, e la recente decisione degli Stati Uniti di non comprare più petrolio venezuelano, mettono in gravi difficoltà il fragile sistema economico del paese.
In questo contesto, ignorato e taciuto in Occidente, l’Internazionale Antifascista è a mio avviso un interessante laboratorio da cui far partire un’attenta riflessione sulle relazioni tra Stati, sulle relazioni economiche e sul diritto di autodeterminazione dei popoli. In un periodo in cui lo spettro delle estreme destre, dei nuovi fascismi, si diffondono prepotentemente, soprattutto in Europa, dove le logiche razziste, militari, imperialiste e liberiste hanno la meglio sulle politiche sociali, di accoglienza e di redistribuzione dei redditi, si impone con forte urgenza una serie riflessione su come a livello globale invertire la rotta.
Le logiche di guerra e la corsa al riarmo che hanno fatto arricchire i produttori di armi, hanno ulteriormente stroncato la crescita europea, impoverito ancor di più il ceto popolare medio e basso e ridotto ulteriormente i servizi e l’assistenza di base.
L’Europa ha follemente, in modo autolesionista, seguito una politica di guerra che ancora oggi persegue nonostante la palese sconfitta dell’Ucraina e nonostante le pesanti conseguenze subite nell’aver imposto le sanzioni alla Russia e il tutto in totale spregio degli interessi dei popoli europei, dei bisogni dei cittadini, delle esigenze di riforme sociali. Una casa, una classe dirigente, quella europea, totalmente avulsa dalla realtà, che vive un miraggio tutto autocostruitosi, di poter sconfiggere la Russia (a che pro non si sa…qual è l’interesse dell’Europa di sconfiggere militarmente la Russia anziché collaborare come fatto sino a tre anni
fa?) mentre il Presidente degli Stati Uniti Trump spudoratamente ribalta la narrazione storica (attribuendo tutte le colpe del conflitto alla sola Ucraina) e altrettanto spudoratamente fa affari e business sulle macerie di un conflitto voluto SOPRATTUTTO dagli Stati Uniti.
PROSPETTIVE E AUSPICI DI UN MONDO MULTIPOLARE.
Ecco che in questo quadro desolante (direi distopico) di vuoto di poteri rappresentativi nonché di vuoto di idee su come uscire da questa tragica situazione da parte della nostra classe dirigente, ritengo che lo spazio ideato dal governo venezuelano di unire menti e idee, persone e associazioni e partiti in linea col pensiero socialista venezuelano, è un’area di riflessione che può aiutare l’Occidente in decadenza a ritrovare slancio e vitalità. La piattaforma dell’Internazionale Antifascista infatti a sua volta si suddivide in diversi tavoli di discussione e riflessione. Dal tema delle donne e contro le discriminazioni verso le popolazioni indigene; dal
tema del diritto internazionale e la sua “sopravvivenza” o riscrittura; al tema dei diritti dei lavoratori; dei giovani sino alla comunicazione e al tavolo degli intellettuali, giornalisti, artisti, necessariamente da coinvolgere, per la costruzione di un nuovo pensiero globale a cui seguano azioni volte alla costruzione della pace, del dialogo tra paesi, e perché no (cosa che auspicherei tanto) alla creazione di organizzazioni internazionali che funzionino realmente secondo principi di egual peso degli Stati membri e che si fondino sull’ accettazione del multilateralismo globale ormai di fatto esistente.
Per il potenziale che questa piattaforma può avere, il mio auspicio è che quanti più movimenti, associazioni, sindacati, partiti, singoli prendano parte ai lavori e si collabori al fine di dar vita a una nuova fase storica. Partendo dall’assunto della sconfitta del pensiero capitalista e imperialista che ha dominato gli anni della globalizzazione selvaggia e incontrollata e delle privatizzazioni nazionali, s’impone una sfida globale che è quella di ripensare a un sistema economico sociale, nazionale e internazionale, di scambi e relazioni, in cui porre al centro la dignità dell’uomo e della donna, dell’ambiente, dei lavoratori e delle classi meno abbienti i cui interessi sono stati spesso sacrificati innanzi all’altare del profitto e della prepotenza del più forte.
*Catanese, giurista ed esperta in diritto del lavoro, diritto internazionale, migrazione e diritti umani, già parlamentare e vicepresidente di ManifestA