CAPITALISMO E RAZZISMO SONO STORICAMENTE CONNESSI

Giovanni Russo Spena*

Il genocidio israeliano a Gaza è l’emblema contemporaneo dell’Occidente come “civiltà sterminatrice”. Dov’è la “civiltà europea”? E quali sono i suoi valori? Questa nozione è strumento ideologico di “dominio, di razzialismo, di capitalismo razziale”. Condivido la tesi di Miguel Mellino, docente di studi postcoloniali: ” l’idea di civiltà europea è un dispositivo razziale di governo”. E’, questo, un tema fondamentale; completamente rimosso, da cinque decenni, anche dalle sinistre rivoluzionarie europee. Nel suo fondamentale testo Black marxism l’autore Cedric J. Robinson analizza attentamente anche il marxismo. Spetta, quindi, anche a noi (che osiamo dirci marxisti) portare, nell’attuale scenario e contesto europeo, la fondamentale questione che Robinson pone: l’ascesa , nei primi anni Ottanta del secolo scorso, dell’egemonia neoliberale , il sostanziale fallimento della decolonizzazione, l’incapacità di creare un comune fronte di lotta di tutte le differenze etnico razziali ci dicono che il marxismo resta una costruzione occidentale, finisce con il far parte di un dispositivo di governo occidentale. Voglio ricordare, a tal proposito, lo scritto di Angela Davis: ” se il nostro scopo sarà cercare di mettere in luce i diversi modi in cui il capitalismo e il razzismo si sono storicamente intrecciati, dalle epoche coloniali e della schiavitù fino al presente…non staremo allora operando una semplice distensione del marxismo (per dirla con Fanon), bensì continuando a sviluppare in modo critico le sue intuizioni”. Penso che sia in discussione la stessa categoria occidentale del “politico”, attraverso una lettura anticoloniale. Del resto, già nel 1976 , l’analisi del sistema/mondo di Immanuel Wallerstein configurava l’ascesa globale del “dominio razziale europeo e del modo di produzione capitalistico. Purtroppo anche il radicalismo europeo è stato ancora coloniale ed eurocentrico”. Va messo in luce il rapporto storico tra capitalismo ed oppressione razziale. L’ incontro tra marxismo e radicalismo nero è un programma per il cambiamento rivoluzionario. Il solo marxismo, così come è stato interpretato, a partire dalla Seconda Internazionale, è, di per sé, una costruzione eurocentrica. Come spiega , con una interessante ricerca storica, Miguel Mellino, la “tratta atlantica” e lo schiavismo del nuovo mondo erano integrali alla moderna economia globale. La schiavitù non è solo “accumulazione originale”: per più di trecento anni la schiavitù si è proiettata oltre l’inizio del moderno capitalismo, in appoggio al lavoro salariato, alla servitù, alle forme di lavoro coercitivo. “Il capitalismo non è mai stato un sistema chiuso”, conclude Mellino. Razzismo e nazionalismo hanno influenzato, in modo essenziale, lo sviluppo storico del capitalismo globale.

LA GUERRA E’ INSEPARABILE DAL CAPITALISMO

Come scrive Anton Pannekoek: “quando diciamo che la guerra è inseparabile dal capitalismo non significa che la guerra contro la guerra non serve a nulla e che dobbiamo aspettare finché il capitalismo non sarà distrutto. Ciò significa che la lotta contro la guerra è inseparabile dalla lotta contro il capitalismo. La guerra contro la guerra può essere efficace solo come parte della guerra di classe dei lavoratori contro il capitalismo”. L’Unione Europea sta riorganizzando la propria identità sulla piattaforma esplicitata della “economia di guerra”. Le relazioni di Draghi a livello europeo e di Panetta a livello italiano alludono alla “nuova Europa” fondata su equilibri geopolitici bellicisti, rilanciando un ruolo imperialista più autonomo all’interno della Nato. “Il capitalismo” sostiene Marx ” è, per sua natura, un sistema globale; deve annidarsi ovunque, insediarsi ovunque, stabilire connessioni ovunque”. Riemerge, oggi, in forme inedite e violente, il grande tema: il capitalismo è contro la democrazia. La tendenza alla centralizzazione del capitale in sempre meno mani porta a una analoga concentrazione del potere politico: la democrazia liberale è, sempre più, un ipocrita vaniloquio. La traiettoria dei processi di accumulazione sta giungendo ad un punto molto critico: diventano egemoni gli integralisti del mercato e coloro che auspicano un mondo senza democrazia. E lo fanno in maniera sofisticata, sulle ceneri delle socialdemocrazie e delle liberaldemocrazie: l’integralismo del suprematismo bianco neocoloniale e razziale si ammanta di anticonformismo e di pasticciata critica eversiva. La Meloni, Vannacci, Vox , l’AFD (e così via) sono prototipi di questo ossimoro contemporaneo. La deportazione dei migranti in Ruanda, decisa da Sunak, dal governo inglese, non è un emblema del suprematismo neocoloniale? A tal proposito scrive lo storico Slobodian :” la soluzione alternativa è sempre quella di avere un movimento sociale dietro ad un programma politico di riforme. Tuttavia gli Stati Uniti sono un esempio di come i movimenti sociali antirazzisti possono essere cooptati da interessi corporativi ed essere trasformati in programmi piuttosto ridicoli di correttezza politica e non in qualcosa che possa effettivamente minacciare le strutture di potere. La dialettica è un bastardo che è molto difficile da aggirare”.

LA GUERRA E’ COSTITUENTE

Il capitale ha più che mai bisogno della guerra; e la guerra non è un ciclo chiuso marginale. La guerra è “costituente” di un sistema complesso , che è strutturale , sociale, politico, geopolitico. La guerra militarizza la formazione sociale, i servizi; soprattutto lo Stato; e anche i comportamenti e le propensioni delle persone. Per il potere la guerra è una vera e propria pedagogia di massa. Verticalizza gli equilibri costituzionali; la democrazia costituzionale tende decisamente verso la “democratura”. Sto pensando al significato costituzionale e sociale del “combinato disposto” (come lo chiamano i giuristi) tra la cosiddetta “autonomia differenziata” e la proposta di “premierato”. L’identità occidentale si sta , dunque, ridefinendo , in maniera violenta, riprendendo il tratto coloniale che era stato mascherato negli ultimi decenni ma che è, di fatto, un fondamento della cultura europea , una risposta infame alla crisi della globalizzazione liberista. “Dentro la guerra si costruisce la nuova Europa” e la moneta sostituisce la Costituzione nata dalla Resistenza. Gli USA intensificano l’egemonismo bellicista proprio perché tentano, in tal modo, di bloccare l’erosione dell’egemonia del dollaro , che è in atto. Gli USA sono molto allarmati dalla espansione dei BRICS, che stanno , pur nella pluralità di interessi e di forme di governo, precisando i propri progetti. Bretton Woods si è frantumata. Cresce la tendenza multipolare. Si delinea, anche se confusamente, una nuova governance politico/finanziaria  volta a ricreare le premesse di una nuova Bretton Woods. A trazione asiatica; e, comunque, non basata su una sola valuta. “Le guerre sono determinate dal modello economico sociale dominante”. Non a caso Marx sostiene che ogni guerra va considerata come una “guerra civile” e che la violenza è una potenza economica, la “levatrice di ogni vecchia società che è gravida di una nuova”. Mai, però, sostenne  che la guerra è una scorciatoia per la trasformazione rivoluzionaria ; anzi, vincolò  la classe operaia al principio della solidarietà internazionale; è il messaggio contemporaneo più importante.

MILITARIZZAZIONE,ORDINE

L’educazione al militare è entrata profondamente nella formazione, nel sapere, nelle scuole, nelle Università. Molti programmi e corsi accademici vengono gestiti direttamente dalla Fondazione Med OR Leonardo , la cui gestione vede la presenza, a livelli dirigenti, anche del Pd. Temo che vi sia una sottovalutazione allarmante, anche nelle sinistre, della torsione nazionalista e bellicista che sta, pian piano, permeando il paese. E’ un tema che riguarda l’intera Europa. E’ troppo facile pensare che il “liberalismo autoritario” riguardi solo la postdemocrazia orbaniana. Le critiche più radicali (ma anche più razionali) alle guerre, che mobilitano milioni di ragazze e di giovani per il disarmo, per la salvezza del pianeta sono, dai poteri politici e militari, assimilate alla sovversione, al terrorismo, all’antisemitismo. Le scuole, le Università vengono ritenute spazi di criticità e di autorganizzazione insopportabili per i fragili equilibri degli apparati politici. Stiamo vedendo ragazze e giovani (e perfino insegnanti) ammanettati, sospesi, minacciati. Anche il genocidio a Gaza diventa innominabile. Vengono varati provvedimenti amministrativi e disposizioni normative che trasformano gli “stati sociali” europei, già impoveriti e resi più evanescenti soprattutto nell’ultimo ventennio, in moderni “stati di polizia”. Perfino convegni e seminari vengono repressi. Anche il sapere critico fa paura. Varoufakis diventa un pericoloso criminale. I Verdi europei sono diventati la punta del bellicismo europeo. In Francia una importante esponente di un gruppo di opposizione di sinistra, Mathilde Panot viene convocata dalla polizia  a seguito della sua posizione filopalestinese. Giustamente Manon Aubry lancia l’allarme. Ci parla di un accadimento “inedito e grave che ci porta verso l’autoritarismo; dobbiamo reagire! “. Il potere vuole costruire un popolo inerte; la ripresa, pur timida, di parola critica e di organizzazione di massa in alcuni settori della società , va omologata o repressa. Perché la guerra è educazione all’ordine, è soggezione al comando, è obbedienza gerarchica. In Italia, il ministro Valditara ha assunto il compito di cancellare la scuola laica repubblicana , la scuola di Don Milani, ponendo come discriminante classista la meritocrazia confindustriale . Il clima maccartista è largamente diffuso nella stampa e in tutti gli organi di informazione e formazione , che hanno tutti calzato l’elmetto, come la Meloni. Dovremmo chiederci, approfondendo seriamente il tema, fondamentale per la legalità costituzionale, dove sia finita l’intellettualità democratica. Concludo questa breve disamina facendo parlare due generali, il cui potere militare e politico, insieme a quello del complesso militare/industriale, è al centro della statualità. Il capo di Stato Maggiore della Bundeswerh, generale Breuer, scrive:” le esercitazioni militari avranno un impatto sulla quotidianità in Germania ; i cittadini tedeschi vedranno più truppe di quanto avvenga usualmente”. E il generale Bodemann aggiunge :” in passato era soltanto zero o uno, pace o guerra. Oggi vi è una lunga serie di minacce ibride; non siamo formalmente in guerra , ma non siamo più in pace, perché ogni giorno siamo minacciati ed anche attaccati”. I militari ci parlano anche del rapporto tra potere e masse , molto più lucidamente degli stessi centrosinistra europei. L’ammiraglio Bauer, altissima carica Nato, ci ammonisce:” dobbiamo sapere che, per i problemi di sicurezza, per una difesa collettiva, gli apparati militari attuali non sono più sufficienti; vi è bisogno di più gente che sostenga gli eserciti. E l’intera società che deve sentirsi coinvolta in guerra , che le piaccia o no.


*Giovanni Russo Spena fa parte dei Giuristi Democratici e del Comitato Difesa Costituzione. È ex segretario di Democrazia Proletaria e ex parlamentare del Prc. Ha pubblicato, tra l’altro, “La metafora dell’emergenza”, “Peppino Impastato, anatomia di un depistaggio” e “La Costituzione della Repubblica italiana”, con Gaetano Azzariti e Paolo Maddalena.

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