Daniela Dioguardi, Vietato a sinistra. Dieci interventi femministi su temi scomodi, editore Castelvecchi, Roma, 2024

Giovanna Capelli

Il movimento femminista, uno dei soggetti più radicali e capaci di agire il conflitto patisce l’azione distruttrice del  neoliberismo che taglia relazioni e spazi di comunicazione fra le soggettività antipatriarcali e antiliberiste e favorisce polarizzazioni estreme nei linguaggi , nelle teorie e nelle pratiche. Rischia di indebolirsi così la potenza trasformatrice della  rivoluzione più lunga, quella delle donne. Per denunciare questo esito possibile  è uscito “Vietato a sinistra” un testo collettivo di femministe. Le autrici appartengono a più generazioni e provenienze: dall’Udi di Palermo e di Modena ,dalla  cultura pedagogica montessoriana, dalla Libreria delle donne  di Milano, dal Collettivo donne di Baggio, da Resistenza Femminista da Arcilesbica, dal movimento ecologista, dai Gruppi di donne delle Comunità cristiane di base; alcune di loro sono anche responsabili della costruzione di archivi del movimento delle donne a Palermo e Firenze .Tutti i contributi  lanciano un grido di allarme; quel Vietato a sinistra del titolo  denuncia  la impossibilità di discutere o addirittura il divieto a essere presenti come interlocutrici nello spazio pubblico della sinistra “progressista”, termine in cui si includono, partiti, movimenti ed associazioni con l’accusa che argomenti scomodi portano acqua alle destre bigotte e conservatrici o addirittura omofobe (Mercato, libertà e censura del pensiero  Daniela Dioguardi pag.40-41). Succedono fatti gravissimi che ancora non aprono conflitti e lotte femministe unitarie, forse perché vengono al pettine i limiti della parità, cioè di una idea neutra della cittadinanza ,di una uguaglianza che non fa i conti con la differenza: il rifiuto del Registro Unico Nazionale del terzo settore di accettare la iscrizione dell’UDI di Ferrara, Modena e Ravenna ,perché composta solo da donne , o le quote blu nel concorso per dirigenti scolastici indetto da Valditara, che scattano in tutti quei territori dove gli uomini dirigenti  sono meno del 30% .Per non parlare di come viene applicato il tanto decantato affido condiviso prospettato dalla legge 54 sul divorzio per garantire la bigenitorialità, a prescindere dall’età di  figli e figlie, dalla qualità della relazione fra i coniugi, e soprattutto dalla funzione della madre. Emergono poi con particolare  durezza i punti scomodi per la politica e divisivi per il femminismo: lo storico scontro sulla prostituzione, se sia concepibile per chi vuole la libertà femminile che il sesso a pagamento sia un lavoro scelto da alcune e non il concentrato della alienazione e della violenza patriarcale, e in particolare si riflette su come affrontare la vicenda complessa della gravidanza per altri (GPA ). Si tratta di argomenti profondi che  coinvolgono la sovranità delle donne sul proprio corpo in tutti gli aspetti più intimi, quello della sessualità, della gravidanza e della maternità , della responsabilità verso chi metti al mondo. Le autrici esprimono la  necessità di ricostruire ponti e spazi di confronto , in un contesto globale di guerra, in cui tutto il portato del femminismo è esposto alla pervasività performante del denaro  Nella matassa dei tanti temi trattati uno mi sembra connetterli tutti e in qualche modo sovraordinarli, quello che pone alle tante voci del femminismo contemporaneo una domanda dirimente: se nella “inclusività” tansfemminista e nei diversi approcci del rapporto fra sesso e genere non svanisca la parola donna. Le  parole non sono solo flatus vocis, e in questo caso mettono nell’ombra e disincarnano il soggetto che più ha trasformato e umanizzato la società in questi due secoli :le donne e il loro movimento, il femminismo.


Giovanna Capelli

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