Di popolo e di governo

Michele Conia *

Di Popolo e di governo. Un binomio da troppo tempo accantonato e questo è reso evidente dalla sempre più grave frattura tra rappresentanti e (non più) rappresentati. Ricucire questo rapporto, missione non riuscita neanche a chi ne aveva fatto un effimero faro politico, è ciò che mi aspetto da Unione Popolare e che mi ha spinto a darle idee, azioni ed energie sin dai suoi primi passi l’estate scorsa.

Dal breve, ma intenso percorso prima e durante le ultime elezioni politiche, ho avuto la conferma che in tutta Italia vi sia ancora un forte bisogno di rappresentanza, da parte di persone e di istanze volutamente messe ai margini del dibattito e dell’agibilità politica in nome di interessi forti, di pochi, di élite vecchie e nuove da non disturbare.

Ma non disturbare non appartiene a chi ha ancora ben presente cosa significa la lotta, il conflitto, il legittimo desiderio di una società più equa, più giusta. Ed è questo elemento distintivo, quasi sempre non dichiarato, ma palese negli sguardi e nell’azione di tutti noi, che accomuna le donne e gli uomini che si sono incontrati e riconosciuti in Unione Popolare.

Molto spesso protagonisti di esperienze amministrative, come quella che mi onoro per la seconda volta di guidare in Calabria o quella straordinaria di Luigi de Magistris a Napoli, che dell’unione tra Popolo e governo ne hanno fatto il principale ed indiscusso tratto distintivo e di forza. Unico elemento, questa unione, in grado di sopperire ai troppi indebolimenti istituzionali che via via hanno minato l’azione degli enti territoriali di governo nel nome del presunto risparmio di spesa e dell’accentrato governismo, tra l’altro attuato brandendo la spada del populismo e della devoluzione dei poteri.

Oggi la situazione è ancora più grave e ancora troppi sembrano non accorgersi della minaccia all’equità sociale e all’unità nazionale insita nella “autonomia differenziata”, portata avanti trasversalmente da buona parte della classe politica nazionale e dalle regioni più ricche, con colpevoli complicità di alto livello in quelle più povere.

Insieme ad altri amministratori, che per il ruolo captano naturalmente tra i primi le storture imposte dai governi nazionali alle comunità locali, abbiamo provato a trasmettere nel DNA costituente di Unione Popolare l’essere prioritariamente strumento politico di equità e di coesione territoriale e quindi sociale.

Abbiamo portato con noi le battaglie politiche e persino giudiziarie, quasi sempre vinte seppur con pazienza e difficoltà, verso le iniquità che già da tempo attanagliano i territori per via dei tagli lineari alla spesa pubblica e a causa dei diabolici e subdoli meccanismi legati alle “spese storicizzate” che, per esempio, negano i fondi per gli asili nido a chi non ne ha mai avuti e che quindi mai, di fatto, potrà averne.
Meccanismi perversi, infausta conseguenza del mantra legato al pareggio di bilancio a cui incoscientemente è stata data dignità costituzionale, che limitano e negano l’attuazione uniforme, costante e universale dei principi della Costituzione.

Accanto ai temi che riguardano la quotidianità dei cittadini non ho e non abbiamo dimenticato le grandi questioni legate alla pace e all’ambiente, anche queste derubricate dai partiti di governo a bandiere da sventolare all’occorrenza, mentre se ne minano giorno dopo giorno i presupposti sostanziali.

Siamo stati tra i pochi, a volte gli unici, insieme all’altrettanto silenziato dai media Papa Francesco, a parlare chiaramente di Pace in campagna elettorale, circondati dalle assordanti voci che spingevano, oggi un po’ meno, verso la corsa globale agli armamenti e contro qualsiasi ipotesi di colloquio di pace per il conflitto ucraino a noi vicino, ma, non di meno, nei confronti dei troppi conflitti dimenticati disseminati negli altri continenti.

Perché costruire Unione Popolare

Abbiamo provato quindi a dare risposte alla “nostra” gente e agli elettori, alcuni dei quali, dopo decenni di dominio mediatico e ideologico liberista, avevano addirittura smesso di porsi le domande cruciali rispetto alle difficoltà personali e collettive della nostra attuale società.

Il risultato elettorale, però, non è stato sufficiente a porci nelle condizioni di poter attuare la nostra visione del mondo che, nonostante ciò che la narrazione dominante voleva e vuole imporre, non è né utopistica né da libro dei sogni: semplicemente pone al centro la persona e le sue legittime aspirazioni accostate all’armonia universale e soprattutto all’ambiente.

Stretti tra narrazione volutamente distorta, frammentazione  percepita dell’offerta politica e alcuni tsunami elettorali agevolati da strumenti e prassi per noi fuori portata, siamo comunque stati in grado di strutturarci nell’intero territorio nazionale grazie al sacrificio, in piena estate, dei militanti, dei simpatizzanti e dei gruppi costituenti, che hanno avuto ben chiaro l’obiettivo comune al punto da sopperire vicendevolmente alle inevitabili carenze della macchina organizzativa elettorale messa, per forza di cose, frettolosamente in cantiere.
Oggi è un tempo nuovo, ma non sono nuovi i problemi e le minacce che attanagliano il nostro Paese e gli italiani, resi però più indifesi da nuovi assetti istituzionali e dall’indebolimento fraudolento dei corpi intermedi sociali, di rappresentanza e di governo.

Per questo motivo la posta in gioco è altissima e altrettanto alta è la responsabilità, la nostra, nel continuare a costruire un soggetto politico in grado di recepire le aspettative della società, di elaborare una proposta politica e di attuarla. Per fare questo si deve essere capaci di strutturarsi, di dialogare senza preclusioni aprioristiche, in definitiva di essere percepiti collettivamente e individualmente a tutti i livelli come realmente utili e in grado di affrontare incisivamente il cuore delle cose.

È altissima la responsabilità per dare risposte ai bisogni di salute, contrastare le politiche che acuiscono povertà educativa e diseguaglianze, porre fine alla criminalizzazione della miseria economica, influenzare il dibattito pubblico e l’azione istituzionale sulle tematiche globali sulle quali la mano liberista ha agito quasi incontrastata da metà anni ‘90 in poi, con la visione altermondista prima messa al bando e contrastata con più violenza di quella a lei in malafede attribuita, e successivamente privata addirittura del riconoscimento della ragione di fronte al fallimento di tutte le illusioni del capitalismo durante le crisi prima finanziarie e poi sanitarie, messe a nudo soprattutto dalla pandemia.

È questo che, da uomo prima che da sindaco, dopo oltre un trentennio di militanza politica, sempre dalla stessa parte,  mi aspetto da Unione Popolare. E questo continuerò a provare ad incarnare con i limiti che mi appartengono e con i sogni e le azioni che ho imparato a condividere con chi ho incontrato via via sulla strada.


* Michele Conia, 46 anni, è sindaco al secondo mandato del comune di Cinquefrondi (RC), espressione di un movimento popolare in opposizione a destra e centro sinistra. Fa parte del Coordinamento nazionale provvisorio di Unione Popolare ed è vicepresidente nazionale di De.Ma.

Foto da www.facebook.com

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