Giovani, ribelli e sognatori. Una generazione non raccontata che sognava la rivoluzione degli anni ’80
Paolo Ferrero
Italo DI SABATO, Giovani, ribelli e sognatori. Una generazione non raccontata che sognava la rivoluzione degli anni ’80, Edizioni Casa del Popolo, Campobasso, 2023
Si legge come un romanzo. Sto parlando del libro Giovani, ribelli e sognatori curato da Italo di Sabato, introdotto da Giovanni Russo Spena ed edito da Edizioni Casa del Popolo (15 euro), che narra la storia del gruppo di giovani compagni appena ventenni che negli anni ‘80, ha messo in piedi la sezione di Democrazia Proletaria a Palata. Un libro avvincente che racconta come il far politica possa essere una bella cosa, un percorso di liberazione individuale e collettiva, una crescita e una trasformazione di sé mentre si lotta per cambiare il mondo. Riassumere in poche frasi un libro ricco e avvincente come questo è impossibile, e vi propongo quindi tre rapidi sguardi.
Il primo è la storia degli anni ‘80 vista dal punto di vista di giovani – allora ventenni – che andavano in direzione ostinata e contraria rispetto alla nascente reazione. La storia di una generazione che è “nata troppo tardi”, che ha cominciato a fare politica quando i fratelli maggiori sessantottini stavano smettendo e quando i movimenti erano in piena fase di riflusso. Questo “ritardo” non ha però impedito di sviluppare una bella capacità politica, con cui questi giovani affrontano problemi politici enormi. C’è per esempio il tentativo di cercare di cambiare la società senza essere schiacciati dalla micidiale tenaglia costituita, da un lato, da un PCI pesantemente incrostato di compromesso storico, e dall’altro dal delirio della lotta armata. E c’è la maturazione della capacità di analizzare una realtà in rapido movimento: dalle lotte operaie a quelle pacifiste, dalle lotte ambientali a quelle per l’acqua pubblica. Non si trova nel libro quell’insopportabile chiacchiericcio politicista che, in larga parte, occupa il nostro dibattito politico odierno, e che scambia il commento degli articoli di giornale per analisi politica. Nella vita di quei giovani, la leggerezza dell’impegno si salda con la profondità dell’analisi materiale, strutturale, di fase.
Il secondo sguardo racconta come la lotta politica possa essere un incredibile percorso di crescita individuale e collettiva. Avviene a Palata, piccolo paesino molisano negli anni ‘80, ma parla un linguaggio universale che vale oggi come ieri. Questa storia è fatta di lotta contro il potere e di insopportabilità per ogni sopruso: si può vincere o perdere – ed è meglio vincere – ma è la giustezza della lotta che la motiva, non la réal-politique. Quando Angelo, non ancora diciottenne, buttò fuori di casa i notabili democristiani del paese che erano andati a “chiedere il voto” ai suoi genitori, non aveva calcolato gli effetti del suo gesto. Era giusto così e basta. Così giusto che suo padre, dopo averlo a sua volta buttato fuori di casa, lo riprende tutto sommato orgoglioso di quel figlio ribelle che aveva compiuto un gesto che lui non avrebbe mai fatto. Ma questa attitudine a non sopportare i soprusi è la stessa che porta i compagni a costruire una lotta contro il Comune guidato dal PCI, con tanto di occupazione del Municipio e assemblee di massa in piazza, per il diritto ad avere l’acqua potabile a casa sempre, e non solo qualche ora al giorno. Lotta di popolo vinta, unendo alla radicalità del conflitto la capacità di allargarlo dal Comune alla Regione, ottenendo cosi i finanziamenti per rifare l’acquedotto. Una capacità di costruire rivolta, ma anche piattaforma, e di portare a casa risultati che decenni di prudente politicismo e consociativismo non avrebbero mai ottenuto.
Il terzo sguardo ci dice che si può fare politica sempre, in qualsiasi condizione e che non è vero che le sconfitte impediscono la costruzione della lotta politica o obbligano al moderatismo. Il libro è un inno all’efficacia della radicalità e ci dice una enorme verità: l’unica sconfitta che bisogna temere è quella che si fa strada nella testa delle persone e che spinge a passare dall’altra parte della barricata senza che uno nemmeno se ne accorga. Questo rischio i ragazzi demoproletari di Palata non l’hanno mai corso, e per questo ci stanno così simpatici, oggi come ieri.