Imperialismo e democrazia nella Nostra America
Cris González
Ricordo la frase di una serie molto famosa (trasmessa su una di quelle piattaforme alla moda), in cui il protagonista, guardando la telecamera, affermava: “la democrazia è sopravvalutata”. L’attore ci assicurava che – dopo essersi destreggiato molto per salire da una posizione umile nel Congresso degli Stati Uniti – aveva scalato i gradini grazie a diversi trucchi, fino ad arrivare alla Casa Bianca e diventare Presidente. Tradimenti, crimini, accordi con uomini d’affari e, naturalmente, bugie. Questa fiction non si rivela poi così tanto tale, perché si basa su eventi reali. Confidenze vendute ai produttori da una dipendente di alto livello che ha lavorato e visto passare diversi Presidenti e le loro squadre. All’epoca, l’attrice protagonista dichiarò che quanto mostrato nella serie era molto meno di ciò che accade realmente all’interno del potere imperiale.
Due concetti cruciali per l’America Latina in termini di geopolitica sono la democrazia e l’imperialismo. Perché esista l’imperialismo deve esserci un impero, e purtroppo è molto vicino e – se lo guardiamo da questo nostro lato – potrebbe essere il nostro cortile di casa dove si accumula la più grande spazzatura dell’umanità. Con una democrazia che, come diceva il personaggio, è sopravvalutata dall’impero stesso, gonfiata come i capitali della borsa di Wall Street.
Dal secondo dopoguerra, la “democrazia occidentale” è emersa come il paradigma da seguire per tutte le società, un paradigma creato da coloro che hanno anche dato vita a regimi come il totalitarismo, il fascismo e il nazismo. Ma il concetto si è gradualmente allargato fino a comprendere un immaginario obiettivo finale, che oggi pone gli Stati Uniti come “la repubblica più democratica del pianeta”, e quindi con la capacità di installare ecumenicamente la democrazia, come fece a suo tempo la Francia con la sua idea di rivoluzione. E proprio come la Francia e Haiti nel XIX secolo, per gli Stati Uniti le democrazie in America Latina sono tali solo se non intaccano gli interessi imperiali.
I popoli latinoamericani alla fine del XX° secolo e all’inizio del XXI° sono riusciti ad andare al potere attraverso i meccanismi della democrazia rappresentativa. Il voto è riuscito a ribaltare le carte in tavola e ad arrivare al governo centrale, cambiando così l’equazione in vigore da secoli: una minoranza privilegiata (cioè la classe dominante che deteneva il potere economico e aveva anche un esercito per difendere i propri interessi) governava le maggioranze che non avevano e non hanno altro che, in termini marxisti, la loro forza lavoro e ora, nel nuovo regno del sistema finanziario, anche i debiti.
Tuttavia, come dice il pensatore messicano Pablo Casanova, lo Stato “è il potere di disporre dell’economia”. Questo potere può basarsi sulla persuasione, sulla coercizione e sulla negoziazione, cioè sull’egemonia o sulla repressione, o su una combinazione delle due. Lo Stato dispone di apparati e sistemi di coercizione, persuasione e negoziazione. Dietro si trova un’immensa rete di relazioni tra territori, nazioni e classi. Queste ultime si rivelano altamente significative. La loro capacità di decidere sul surplus economico e sul plusvalore di un territorio, di una nazione e di una popolazione è molto grande”. Quindi il concetto di democrazia non definisce l’equità, né l’uguaglianza; per quanto ci sia stata presentata come il sistema perfetto; “è sopravvalutata” quando il popolo nel suo insieme, le grandi masse, non possono disporre dell’economia per il loro benessere, mentre la ricchezza è concentrata in un gruppo di famiglie.
Un gruppo di privilegiati che rispondono alla logica dell’impero e del capitale finanziario. Quest’ultimo si è esteso e interiorizzato, più di quanto la sinistra abbia mai pensato si potesse installare nelle nostre società, attraverso il consumo, che abbiamo praticato senza nemmeno accorgercene, consegnando il nostro surplus al sistema, per esempio, indebitandoci per avere una casa. Un sistema che, come sostiene David Harvey, è stato creato per farci indebitare e tenerci a lavorare, non sindacalizzati, con il timore di perdere il lavoro o le nostre fonti di reddito. Inoltre, oggi siamo noi stessi che, con un semplice clic, aiutiamo il capitale a crescere, attraverso una rete virtuale presentata come uno spazio totalmente democratico, una falsità smascherata, tra l’altro, poco dopo l’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina. Ma questo è un altro tema.
PER UNA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA E PROTAGONISTA
Il connubio imperialismo-democrazia nel nostro territorio latinoamericano sta perdendo l’egemonia, perché si è instaurato un discorso contro-egemonico: innanzitutto dal Venezuela, con il comandante Chávez che ha mandato all’inferno l’ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), ha ripreso il pensiero di Bolivar e la sua ideologia antimperialista, ha dato all’America Latina e ai Caraibi un posto preponderante, non più come satellite o periferia, cortile di casa o qualsiasi altra denominazione subalterna a cui eravamo sottoposti, e ha recuperato il petrolio per il suo popolo e per altri popoli fratelli.
In Bolivia, Evo Morales, un contadino ed esponente dei popoli originari che ha vissuto empiricamente (non in base a un discorso teorico) gli oltraggi e l’ignominia dell’impero statunitense stabilitosi nel suo Paese attraverso la DEA (US Drug Enforcement Administration), ha preso anche il potere statale e la capacità di amministrare un’economia saccheggiata senza il minimo scrupolo da tanti governi precedenti. Anche altri popoli hanno visto i danni che il sistema neoliberista ha fatto nella regione con strumenti militari, repressione e tortura. Ecco perché milioni di persone sono scese in piazza a protestare, perché hanno ricevuto solo briciole nella distribuzione della ricchezza e nella panacea idealistica che può essere la democrazia, basata su un concetto eurocentrico.
Il rapporto Latinobarómetro 2021 sottolinea che, nella nostra regione, c’è stata un’enorme ingenuità politica nel pensare che l’emergere delle classi medie sarebbe stato contemporaneo alla fine delle disuguaglianze. Al contrario, ciò ha prodotto un maggiore contrasto con coloro che sono rimasti indietro, che sono la maggioranza, e ha intensificato le pressioni per scalare ed andare avanti. Ma la maggior parte della regione si trova ora nella classe più bassa.
I processi latenti che la regione sta attraversando sono la prova dell’ingenuità che il Latinobarómetro sottilmente evidenzia, con le differenze storiche di ogni Paese e di composizione politica e sociale.
In Cile, il Paese in cui il neoliberismo è stato introdotto in modo cruento, la cosiddetta “esplosione sociale” ha rivelato che l’oasi di cui si vanagloriava l’ex presidente Sebastián Piñera era proprio questo: “un’entelechia” di coloro che non hanno idea di cosa significhi vivere indebitati, anche per poter comprare i generi alimentari di base.
Abbiamo capito che l'”uguaglianza”, di cui parla retoricamente la democrazia, non esiste. Per questo la Colombia, il Cile, il Brasile si stanno trasformando, dato che sono i Paesi che soffrono di più il sistema: l’impero ha installato basi militari, li ha cooptati. e nemmeno la sinistra progressista è stata in grado di fermare o tagliare la rete fatta di molti canali, come i fondi pensione nel caso cileno, o il narcotraffico, il paramilitarismo, le lobby e tanti altri meccanismi che vengono utilizzati per soggiogare e sottomettere i governi e gli Stati falliti come la Colombia. E sono questi i Paesi che ci vengono indicati come icone della democrazia.
Non abbiamo più bisogno della retorica di sinistra degli anni Settanta per convincere le masse che sono sottomesse: la pandemìa ha messo a nudo tanto la disuguaglianza quanto l’arricchimento estremo dell’1% della popolazione. Lo stesso impero mostra la sua decadenza giorno per giorno. Gli eventi che vediamo accadere in quel territorio “democratico” sarebbero impensabili in molti dei nostri Paesi: massacri, attacchi a sedi del potere come il Campidoglio degli Stati Uniti da parte di persone di estrema destra armate, che hanno provocato vittime fatali, così come le cifre record degli Stati Uniti di un milione di morti da Covid-19, la maggior parte dei quali persone di origine africana e latina.
Tuttavia, l’impero non è in ritirata, anzi, ora è più feroce che mai e più sfacciato che mai nel gestire l’inganno. Ma allo stesso tempo c’è anche una popolazione più informata e disincantata dalla retorica del “Paese più democratico”. Abbiamo, inoltre, governi con dignità e politicamente chiari nella regione, come dimostra il rifiuto di alcuni di partecipare al Vertice delle Americhe che si è tenuto a giugno a Los Angeles, negli Stati Uniti. Come si è visto chiaramente nella dichiarazione dei Paesi membri all’ultimo 21° vertice dell’ALBA-TCP (Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America – Trattato Commerciale dei Popoli) a L’Avana, sta crescendo il sentimento di unità e di antimperialismo.
Ricordo che anni fa la sinistra si riferiva alla democrazia borghese come a un concetto che racchiudeva i valori e la cultura di questo settore sociale, che per un rivoluzionario non aveva alcun contenuto. Credo non ci sbagliassimo affatto, ci era chiaro che quel tipo di democrazia era un inganno, andava bene solo per pochi potenti. Poi l’inganno imperiale ha trasformato il concetto e lo ha installato come bandiera di lotta, inserita sia nella cosiddetta “Primavera araba” sia nelle altisonanti “rivoluzioni colorate”. Una democrazia vuota, piena di menzogne e falsi precetti che hanno portato alle più spaventose barbarie, come il sostegno a colpi di Stato, invasioni, insabbiamenti e addestramenti di paramilitari, tecniche di tortura e un lungo e triste eccetera.
In Bolivia, nel 2019, hanno diffuso l’idea secondo cui il governo del Movimento al socialismo (MAS) con a capo Evo Morales era una dittatura, e l’opposizione gridava “democrazia” nelle strade, con rabbia e violenza smisurata. Con il governo de facto instaurato dopo il colpo di Stato, la repressione ha provocato massacri, con l’assassinio di 32 persone identificate, tutti poveri, contadini e dei popoli originari; massacri che si pensava facessero parte di un triste passato. Chi c’era dietro questi eventi e ha promosso il colpo di Stato? L’OEA (Organizzazione degli Stati Americani) e gli Stati Uniti, che hanno sostenuto l’opposizione con denaro e mezzi, consolidando la destra come una vera e propria elica dell’impero.
Tuttavia, mi permetto una visione ottimistica e penso a un futuro migliore, con cambiamenti radicali, dalle radici, fino in fondo, che possano indicarci il cammino per vere trasformazioni, con una “democrazia partecipativa e protagonista”, dove tutti e tutte abbiano uno spazio di azione, responsabilità e creazione, con un centralismo democratico, dove la minoranza si sottomette alle grandi maggioranze attraverso meccanismi creati dai processi rivoluzionari per concretizzare la partecipazione popolare.
*È una poetessa, scrittrice, giornalista e diplomatica venezuelana. Dirige la rivista www.correodelalba.org