Militarizzazione delle scuole e dell’Istruzione. Un osservatorio per resistere
Antonio Mazzeo*
Un classico in Italia: il mezzo golpe alla vigilia di ferragosto. Il 7 agosto 2023 il Ministero dell’Istruzione e del merito (nella persona del direttore generale Fabrizio Manca) e il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio Enrico Credendino, hanno siglato un protocollo d’intesa finalizzato a una mutua collaborazione di carattere educativo e formativo. L’accordo della durata di tre anni prorogabili per un successivo triennio prevede molteplici aree di intervento: crescita dei giovani cittadini, del cluster marittimo, della cultura del mare, dello sport, della sicurezza marittima, della tutela dell’ambiente, della biodiversità e della salvaguardia del patrimonio marino. Nei fatti saranno i militari ad assumersi oneri e responsabilità di tipo pedagogico-educativo all’interno delle scuole di ogni ordine e grado. “La Marina Militare si impegna ad offrire agli studenti opportunità formative di alto e qualificato profilo, per l’acquisizione di competenze trasversali e titoli di studio spendibili nel mercato del lavoro in continua evoluzione”, riporta il protocollo d’intesa. “La Marina si impegna inoltre a promuovere la formazione del personale docente e amministrativo, favorendo forme di partenariato con enti pubblici e imprese, anche con l’apporto di esperti esterni per l’acquisizione di competenze specialistiche”.
La forza armata organizzerà conferenze, dibattiti ed eventi culturali attinenti al mare e “temporanei imbarchi o uscite in mare a bordo di Unità navali a vela a favore di studenti appartenenti agli Istituti Tecnici e – compatibilmente con le strutture e le risorse disponibili – agli Istituti Professionali, quale occasione unica per i giovani di sperimentare la vita a bordo e per il loro l’addestramento pratico”. Moduli e percorsi formativi per insegnanti e allievi risponderanno a una precisa visione geostrategica economico-militare. “Il mare svolge un ruolo centrale per le popolazioni”, enfatizza l’accordo tra il Ministero dell’Istruzione e la Marina Militare. “La globalizzazione dell’economia e della sicurezza ha creato una reale interdipendenza di Paesi geograficamente lontani, il cui elemento di continuità è rappresentato dal flusso globale di persone, merci e risorse energetiche via mare. Per l’Italia – nazione a forte connotazione marittima – il mare è l’elemento fondamentale da cui dipendono significativamente la propria sicurezza, l’economia, la prosperità ed il cui libero uso deve essere garantito, prevenendo e contrastando efficacemente tutti i rischi e le minacce presenti (…) In tale scenario, la difficoltà maggiore è rappresentata dalla generale inconsapevolezza nell’opinione pubblica dell’importanza della dimensione marittima per la prosperità e la sicurezza nazionale: appare quindi opportuno realizzare una politica di informazione e formazione mirata ad una vera e propria rivalutazione del ruolo dell’ambiente marittimo…”.
Il protocollo di collaborazione impone il dovere all’obbedienza e al rispetto di gerarchie e principi di segretezza. “Le Parti si impegnano a far rispettare ai propri dipendenti la massima riservatezza sui dati, sulle informazioni e sui risultati dell’attività oggetto del presente Accordo, di cui siano venuti in qualsiasi modo a conoscenza”, si legge all’articolo 10. “Il personale non appartenente all’Amministrazione della Marina Militare, partecipante, a qualsiasi titolo, alla presente attività, dovrà essere adeguatamente edotto sulle tematiche afferenti alla sicurezza delle informazioni e sulle possibili conseguenze, anche penali, derivanti dall’acquisizione intenzionale e/o non autorizzata di informazioni di carattere classificato e/o comunque ritenute sensibili e sulla loro indebita divulgazione”, aggiunge l’articolo 13.
E dove va la scuola italiana? Alla guerra…
Quello del 7 agosto è l’ultimo dei protocolli di cooperazione sottoscritti dal Ministero dell’Istruzione e dai suoi organi periferici con le forze armate e alcune delle principali holding del comparto bellico industriale finalizzati alla progressiva militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi del sistema educativo nazionale. Non c’è stato governo succedutosi alla guida del paese negli ultimi tre lustri che non abbia contribuito a questo devastante processo di conversione delle scuole in caserme per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua. Le conseguenze, nefaste, sono sotto gli occhi di tutti. Accade così che alle città d’arte, ai musei e ai siti archeologici, presidi e docenti preferiscano sempre più le visite alle basi Usa e Nato “ospitate” in Italia in barba alla Costituzione o quelle alle caserme, agli aeroporti, ai porti militari, alle installazioni radar e alle industrie belliche. Non c’è giorno che gli studenti non vengano chiamati ad assistere a cerimonie e parate militari, presentatarm e alzabandiera, conferimenti di onorificenze, mostre di antichi cimeli o di più moderne tecnologie di distruzione. Ci sono poi le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti (dalla lettura ed interpretazione della Costituzione all’educazione ambientale, alla salute, alla lotta alla droga e alla prevenzione dei comportamenti classificati come “devianti”, bullismo, cyberbullismo, ecc.); i cori e le bande di studenti e soldati; gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati, sottomarini e fregate di guerra; l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi.
Lo scorso anno scolastico ha sancito l’ulteriore escalation dell’invasione militare del sistema educativo, complici in particolare i “festeggiamenti” del 100° anniversario della costituzione dell’Aeronautica Militare, la riedizione del Treno del Milite Ignoto che ha attraversato da nord a sud l’Italia e la sperimentazione del primo liceo digitale con programmi e docenti made Leonardo SpA.
In difesa della scuola pubblica e della pace
Va tuttavia rilevato che è però cresciuta anche la coscienza generale sull’invasività e pericolosità della penetrazione ideologico-militare nelle scuole. L’evento certamente più importante è stato rappresentato dalla costituzione dell’Osservatorio nazionale contro la militarizzazione delle scuole. Su iniziativa di Cesp, Cobas scuola e “Mosaico di Pace” è stato lanciato un appello che è stato sottoscritto da più di un centinaio di intellettuali, docenti universitari e insegnanti. Il primo report dell’Osservatorio sulle attività “educative” promosse dalle forze armate e dalle industrie belliche è stato presentato il 9 marzo 2023. “Di fronte al costante incremento delle spese militari e della circolazione di armi in un contesto internazionale nel quale la guerra nucleare si profila purtroppo come possibile nefasto orizzonte, ci prefiggiamo una decisa e costante attività di denuncia di quel processo di militarizzazione delle nostre istituzioni scolastiche già in atto da molto, troppo tempo”, scrivono i promotori dell’Osservatorio. “Le scuole stanno sempre più diventando terreno di conquista di una ideologia bellicista e di controllo securitario che si fa spazio attraverso l’intervento diretto delle forze armate (in particolare italiane e statunitensi) declinato in una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare in Italia e all’estero, e a presentare le forze armate e di sicurezza come risolutive di problematiche che pertengono alla società civile”.
Obiettivo centrale dell’Osservatorio è la smilitarizzazione del sistema scolastico, delle metodologie, delle narrazioni interpretative e dei modelli comunicativi utilizzati nelle attività didattiche. “Smilitarizzare le scuole e l’educazione vuol dire rendere gli spazi scolastici veri luoghi di pace e di accoglienza, opporsi al razzismo e al sessismo di cui sono portatori i linguaggi e le pratiche belliche, allontanare dai processi educativi le derive nazionaliste, i modelli di forza e di violenza, l’irrazionale paura di un nemico (interno ed esterno ai confini nazionali) creato ad hoc come capro espiatorio”, conclude l’Osservatorio. Tra le prime uscite pubbliche le contestazioni contro la partecipazione di insegnanti e studenti alle celebrazioni del Centesimo dell’Aeronautica e ai tanti eventi che le forze armate hanno promosso in occasione della festa della Repubblica: il 2 giugno, insegnanti ed attivisti hanno promosso flash mob, sit-in e volantinaggi per una scuola di pace a Roma, Cagliari, Palermo, Verona e Torino. L’Osservatorio ha anche concorso alla pubblicazione di due preziosi volumi (La Scuola laboratorio di pace, Aracne Edizioni) con le relazioni presentate nei seminari di formazione del personale educativo promossi dal Cesp/Cobas.
E’ stata pure rilanciata da Pax Christi-Italia e MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione) la campagna Scuole smilitarizzate per chiedere alle scuole primarie e secondarie di rifiutare ogni attività con le forze armate, boicottando visite a strutture riferibili ad attività militari, ecc.. “Aderendo a Scuole smilitarizzate – spiegano i proponenti – ogni istituto s’impegna formalmente a rafforzare il proprio impegno nell’educazione alla pace e alla risoluzione nonviolenta dei conflitti; a sottolineare e valorizzare l’educazione alla pace tra le finalità educative dei POF, nelle discipline didattiche e nella programmazione; a non accogliere progetti in partenariato con strutture militari o aziende coinvolte nella produzione di materiali bellici; a prevedere la possibilità di arricchire la biblioteca di nuovi strumenti didattici per l’educazione alla pace e alla risoluzione nonviolenta dei conflitti”.
Le mobilitazioni contro le catastrofi climatiche hanno consentito a migliaia di giovani di comprendere e approfondire gli inscindibili legami tra la difesa dell’ambiente e il rifiuto della guerra e dell’uso delle armi di distruzione di massa. Le iniziative di piazza contro i percorsi di alternanza scuola-lavoro dopo la tragica morte di tre ragazzi (Lorenzo Parella, Giuseppe Lenoci e Giuliano de Seta) all’interno delle fabbriche in cui era stato imposto loro il lavoro-schiavo hanno stigmatizzato in particolare i PCTO nelle basi militari e nelle industrie belliche. Gruppi di studenti hanno occupato la sede dell’Ufficio scolastico della Regione Sicilia dopo la firma di un accordo quadro sull’alternanza con il Comando dell’Esercito e sempre nell’Isola gli attivisti No MUOS hanno interrotto gli esercizi ginnici da combattimento proposti dai militari ai minori in visita a un centro commerciale di Catania. Quello alle porte sarà un anno scolastico chiave per estendere e rafforzare la difesa dei valori democratici, pacifisti, antifascisti e di giustizia sociale su cui è stato fondato il sistema educativo-formativo della Repubblica.
* Antonio Mazzeo – Insegnante e attivista NoWar. Per Manifesto Libri pubblicherà in autunno il volume “E la Scuola va alla guerra. La militarizzazione dell’istruzione in Italia”.