NOI, IL CONGRESSO E LE ELEZIONI
Nando Mainardi*
IL CONTESTO
Le difficoltà della sinistra di alternativa – e del Prc – nelle prove elettorali sono un fatto che ci è ben noto e, purtroppo, durevole. Una parte delle cause delle nostre sconfitte va certamente al di là della contingenza, ovvero della “forma” specifica di questa o quell’altra lista: ha soprattutto a che fare con il ridisegno dei rapporti di forza tra le classi avviato a partire dalla metà degli anni Settanta, attraverso una controffensiva da parte del padronato, talmente forte e potente da non limitarsi a incidere sulle condizioni materiali (l’abbattimento dei salari e dei diritti, e l’incremento esponenziale dei profitti e delle rendite), ma in grado di indebolire significativamente il campo della politica come spazio collettivo di lotta e messa in discussione delle gerarchie economiche, sociali e culturali. Una controffensiva che ha evidenziato una crescente incompatibilità tra capitalismo neoliberista e democrazia, riducendo gli spazi di possibile mediazione. E’ estremamente difficile, in un contesto del genere, provare a radicare una possibilità di alternativa su ogni fronte, compreso ovviamente l’ambito elettorale.
ROTTAMARE CHIANCIANO?
Noi del Prc facciamo i conti da tempo con questi aspetti. Sappiamo bene che è durissima, indipendentemente dalla posizione che ognuna/o di noi ha nel dibattito interno al partito. Al contempo, però, non ci sono soltanto le dinamiche di lungo periodo, ma anche gli elementi di controtendenza che riusciamo (o non riusciamo) a mettere in circolo, le nostre scelte di linea politica, la nostra capacità di incidere. Ecco: su alcuni di questi ultimi aspetti, sono emerse, prima in modo sotterraneo e ora in modo più nitido, differenze crescenti e rilevanti, a dispetto dei tanti documenti votati in modo unitario per una lunga fase nei CPN e di quanto deliberato negli ultimi congressi. In questo senso, il Congresso dovrebbe essere un’occasione per provare a fare chiarezza sulla direzione in cui intendiamo andare. O almeno è ciò che spero. Per esempio, io avevo capito che l’esito del Congresso di Chianciano del 2008 fosse patrimonio condiviso da tutto il gruppo dirigente nazionale. Attraverso quella tappa, abbiamo infatti impedito lo scioglimento del Prc, sconfitto il tentativo di collocare il nostro percorso all’interno del centrosinistra, ridefinito le nostre coordinate partendo dalla centralità delle lotte e degli interventi in ambito sociale. E avevo capito che pensavamo – tutte/i insieme – che la crisi del nostro progetto fosse stata causata non dalle scelte assunte con quel congresso, ma dal grave errore compiuto negli anni precedenti, quando rompemmo il nesso che avevamo costruito virtuosamente con i movimenti altermondialista, pacifista, delle lavoratrici e dei lavoratori, ed entrammo nel campo del centrosinistra, tradendo le grandi aspettative popolari che avevamo suscitato. Avevo capito male? Lo chiedo perché, in questi mesi, ascolto sempre più spesso interventi di compagne/i che fanno riferimento al doc. 1 che individuano proprio nel ciclo avviato dal nostro partito con il congresso del 2008 la causa della nostra crisi. Di più: sento rappresentare la linea politica avviata con nettezza a partire da allora, e articolata negli anni seguenti, come “settaria”, “minoritaria”, “stalinista” eccetera. Insomma: come una linea politica da rottamare, come una svolta che non avremmo dovuto fare. Domanda: cosa ne sarebbe stato del Prc se il congresso di Chianciano fosse finito senza quella svolta? Secondo queste/i compagne/i, aveva quindi ragione Vendola? È evidente che il tentativo in corso di revisionare la valutazione di ciò che è stato il nostro congresso del 2008 parla dell’oggi, del presente e del futuro del Prc.
IL POLO DELLA SINISTRA DI ALTERNATIVA CHE NON C’E’
Uno degli obiettivi centrali che abbiamo perseguito da Chianciano in avanti è stato la costruzione di un polo della sinistra di alternativa, contrapposto alla destra e al centrosinistra. Un’impresa difficilissima, proprio perché perseguita in una fase politica caratterizzata dalla vittoria della “lotta di classe dall’alto”, e in cui certamente non sono mancati errori anche da parte di tutte/i noi. Ma quell’obiettivo, a parere di noi compagne/i che sosteniamo il doc. 2, rimane centrale: provare a sconfiggere la frantumazione che ha caratterizzato questi lunghi anni, e unire tutte/i quelle/i che non si sono arresi, che lottano, che si oppongono alle politiche neoliberiste e di guerra praticate tanto dalla destra quanto dal centrosinistra; unire tutte le forze organizzate, le risorse, le energie disponibili a muoversi in questa direzione. Ripeto: unire, che è esattamente il contrario dell’etichetta di “settarismo” che altri, nel dibattito interno, vorrebbero cucirci addosso. Un’operazione – quest’ultima – peraltro paradossale, dato che la costruzione del polo della sinistra di alternativa è stata in questi anni non l’obiettivo di una parte del partito, ma di tutto il partito, almeno stando alle deliberazioni congressuali e degli organismi nazionali. Emblematica la vicenda di Up, che ha aggregato forze in precedenza divise (Prc, Manifesta, DemA e Pap), e coinvolto gruppi e singoli, in una direzione finalmente chiara e netta, con la volontà condivisa di costruire un percorso stabilmente presente sulla scena nazionale. Certo: difficoltà e limiti non mancavano, determinati dalla convivenza di approcci, linguaggi, culture politiche differenti. Ma quantomeno era una sfida aperta, da giocare e appena cominciata, in sintonia con ciò che da anni proponevamo. Invece Up è stata affossata da una parte del gruppo dirigente del nostro partito, prima temporeggiando il più possibile sulla partenza del processo di costruzione politica e poi con l’adesione da parte del nostro partito, in occasione delle elezioni europee, alla lista “Pace terra dignità”, su cui gli altri protagonisti di Up hanno dato un giudizio negativo. Del resto l’ambiguità e la moderazione della lista Santoro era evidente, come dimostrato dall’assenza di qualsiasi apparentamento con il gruppo parlamentare europeo della Sinistra. Peraltro, per anni, abbiamo detto che volevamo costruire un percorso unitario che non fosse unicamente elettoralistico e funzionale alla volontà e agli interessi del leader di turno. Nel caso di “Pace terra dignità”, il segretario nazionale del partito ha invece parlato ripetutamente di “lista di scopo”, come fosse un pregio. Ed effettivamente è vero, si trattava in tutta evidenza di una lista di scopo: dopo le europee è infatti scomparsa, forse per decreto regio del suo proprietario Santoro.
NOI E LE ELEZIONI
Oggi, ogniqualvolta affrontiamo una tornata elettorale di carattere regionale o riguardante città importanti, emerge nel gruppo dirigente un dibattito piuttosto aspro. Ciò che dovrebbe unirci – la presentazione di liste della sinistra di alternativa, non alleate con il Pd – è diventato un elemento fortemente divisivo. I livelli del partito che cercano di dare attuazione a quell’obiettivo, e che perciò intraprendono strade unitarie con le altre forze della sinistra che non si sono arrese al neoliberismo, diventano oggetto di critiche pesantissime da parte delle sostenitrici e dei sostenitori del documento 1: di essere “settari”, di essere “subalterni a Pap”, di volere lo scioglimento del Prc. Emblematica la vicenda della Liguria, dove il CPR ha approvato con una maggioranza assai risicata la costruzione di una lista di alternativa, con Pap e il Pci (ovvero le forze disponibili), contro la posizione di chi invece sosteneva la necessità di intavolare una relazione con il Pd. Quello stesso Pd che ha mantenuto saldo nel proprio asse programmatico il tema delle grandi opere (che noi avversiamo da sempre), e talmente screditato che ha poi perso pur avendo come avversaria una destra totalmente impresentabile. Ma ciò che viene messo al centro, nel dibattito interno del partito, è il risultato elettorale da noi ottenuto, con l’obiettivo – non esplicitato ma evidente – di mettere in discussione la scelta stessa dell’alternativa. Viceversa, io penso che le/i compagne/i liguri che si sono fatti carico della campagna elettorale vadano ringraziate/i (e così pure tutte le/i compagne/i che hanno costruito e portato avanti percorsi simili in altri territori), poiché hanno consentito, con il loro lavoro politico, il mantenimento di uno spazio e di una possibilità altra rispetto alla destra e al centrosinistra in occasione delle elezioni, pur in condizioni difficilissime. Spiego cosa intendo per “condizioni difficilissime”: certamente quel complesso di fattori strutturali che in questa fase rendono per noi difficilissimo ogni passaggio elettorale, ma pure l’assenza di un progetto nazionale di aggregazione a sinistra a cui richiamarsi. Quel progetto poteva essere Up, ma come dicevamo è stato archiviato, con pesanti responsabilità di una parte del nostro gruppo dirigente nazionale. E questo fa sì che la costruzione delle liste di alternativa diventi un fatto a sé, realizzato “in solitudine”. Ma è evidente che il progetto di Up (o qualsiasi altro progetto che provi a dare attuazione al tema dell’unità della sinistra di alternativa) rappresenta un impedimento per chi pensa a un riavvicinamento al Pd e al “campo largo”. E’ questa la direzione che vogliono intraprendere le/i compagne/i del doc. 1? Non sta a me dare una risposta; certamente, poiché i fatti contano perlomeno quanto le parole, sono diversi i casi in cui – laddove i gruppi dirigenti locali del partito fanno riferimento alle posizioni del segretario Acerbo – il partito, in occasione delle elezioni regionali e amministrative, ha rinunciato a presentare liste di alternativa, e ha sostenuto, in modo diretto e indiretto, il centrosinistra: è il caso dell’Abruzzo, di Perugia, dell’Umbria, di Bari…. Partecipare e schierarsi al nostro congresso significa perciò anche decidere se il progetto del Prc debba riprendere lungo la prospettiva di un’alternativa chiara e netta al Pd alle elezioni o meno; se impegnarci nella costruzione di un polo autonomo di sinistra, aperto alle forze politiche e alle compagne/i che non vogliono arrendersi alle politiche di guerra e neoliberiste. Può stupire ritrovarci ancora a questo punto, dopo tanti anni, eppure qui stiamo…
*Componente della Direzione Nazionale PRC, consigliere comunale di opposizione a Fiorenzuola d’Arda (PC)