Per una visione comunista del presente
Paola Guazzo*
Desidero una visione alta, e per alta intendo aerea, come la definiva la scrittrice del Québec Nicole Brossard negli anni Ottanta, un’immagine aerea dalla quale sia poi possibile costruire una cartografia comunista, non una google map for dummies qualsiasi. E qui associare oggi aereo e terra, usare queste metafore, potrebbe riportare a qualcosa da associare al capitalismo nella sua fase più recente: emissioni inquinanti incontrollate, in crescita, e terra sfruttata, terra a rischio desertificazione e morte, anche senza inserire direttamente figure e problematiche umane nella descrizione. Pensiamo quindi piuttosto alla visione che si può avere dopo una scalata a piedi su una montagna, purtroppo sempre più priva di ghiacci. Anche solo questa riflessione minima sul linguaggio può far pensare e mettere in conflitto (pure con se stessi, con il proprio passato non sempre “sensibile alle foglie”, al problematico rapporto con l’ambiente). Tuttavia ci sono anche conflitti non distruttivi, che creano nodi ma si sforzano di dare ad essi risoluzione. Questo vale sia per l’ambiente che per il nostro Partito. Mi piacerebbe che Rifondazione attraversasse i propri spazi di crisi senza deflagrare.
Sempre più spesso si pensa che non ci sia niente da fare, e lo si pensa perché si è sentito parlare di atomica con disinvoltura e quasi nonchalance da più “fronti”, per Gaza, per il conflitto russo-ucraino, le catastrofi del clima, la disinvoltura con cui città e campagne sono depredate ovunque nel mondo, la violenza che sostituisce il dialogo e l’amore, i macroconflitti, i microconflitti che davvero micro non sono mai, per la scala piramidale con cui l’odio cresce, fuori e dentro. Apocalypse? Now, o comunque tra breve. Beato chi riesce a confliggere sui problemi interni, beato chi dibattendo su questi vede molte pagliuzze, ma giammai la trave nel suo occhio, chi pensa che uno slancio politico possa nascere da asfissianti distinguo, da mansplaining parossistico anche sui testi minori di Lenin, accuse strampalate di body shaming, fughe di mezzanotte verso la consegna di documenti ed emendamenti, notti magiche di cavilli nei direttivi, telefonate magmatiche in ogni ora del giorno. “ Io rivesto qui nella colonia penale la funzione di giudice…il principio secondo il quale giudico è: la colpevolezza è sempre indubbia. Gli altri tribunali non possono seguire questi principi, perché sono composti da molti membri e hanno ancora sopra di sé altre istanze superiori”. Queste sono parole tratte da un racconto di Kafka, Nella Colonia penale. Chiunque si senta interpellato da questa citazione, che non vuole essere sibillina, si senta pure interpellato o interpellata. Non serve essere Cassandra per vedere a cosa porterà anche solo l’uso indiscriminato delle chat nel nostro partito, per non parlare della ferocia adialettica su cui si svolgono ormai quasi tutti i CPN.
Sono stata firmataria documento del Segretario, ma auspico anche che si avviino nuove riflessioni non avvelenate e una lettura non retorica del suo lavoro di cucitura, come quella che si esprime nel “volete andare col pd”, sempre più vacuo refrain. Il documento Acerbo esprime un’analisi della situazione politica attuale nel nostro paese e delle prospettive di movimenti e partiti, nonché delle loro contraddizioni, zone in cui possiamo, con la nostra formazione, analisi e organizzazione, agire ed avere risultati politici di peso, come è già accaduto con i processi che hanno portato alla raccolta firme per i referendum su autonomia differenziata e salario minimo. L’anticapitalismo si articola in un processo storico in cui si debbono captare brecce e possibilità, non si può ridurre un processo in corso a una landa di sabbie mobili, ripetendo l’ipnotico e colpevolizzante ritornello “volete andare col pd”. Questo è un insulto a chi ha portato avanti processi in salita, fra mille difficoltà, a chi ha lavorato sui territori, a chi non ha ceduto di un palmo nella sostanza delle proprie posizioni. Il non cedimento politico non riguarda certo solo chi ha firmato il Documento 2, riguarda soprattutto chi ha gestito il partito in questi anni. Se ci sono state convergenze tattiche con altri partiti sul piano locale, queste hanno avuto una loro piena legittimità politica come a Perugia, dove la nostra impronta comunista è stata determinante. Meglio blindarsi con Pap e PCI come in Liguria? Credo che sia necessario rompere lo schema politico che ci ha portato a un disastro progressivo sul piano di una rappresentanza che non esaurisce certo la nostra azione ma ci fa esistere, resistere e talora anche incidere.
Un testo tradotto quest’anno, Figure del comunismo ( Ponte alle Grazie), dell’economista marxista e filosofo spinoziano francese Frédéric Lordon, ha il grande merito di riportarci a una “visione aerea”, osando non solo una critica dell’esistente ma una riconfigurazione comunista possibile dell’economia. Crisi irreversibile del capitalismo e rivoluzione: come gestirla, come strutturare il mondo nuovo che sta per sorgere – almeno secondo Lordon -, un mondo di rottura definitiva con lo sfruttamento di persone e natura. Mille interrogativi e tentativi appassionanti di soluzioni materialistiche per un mondo di interdipendenza e complessità inimmaginabili nel Novecento. Quali decisioni e reinvenzioni possono rifondare effettivamente il comunismo? Reinventare modi di economia e di vita nella transizione reale da un modello che sembrava ossatura infrangibile delle esistenze di tutti e tutte noi è un osare che appassiona. Questo si dovrebbe almeno intravvedere, nel nostro partito. Se non un grande almeno un piccolo balzo in avanti. Elaborazioni non solo difensive e-o tattiche, se non semplicemente malinconiche. Si dovrebbero aprire brecce nell’edificio di pietra in quella reificazione dell’intelligenza che fa tanti danni anche fra compagni e compagne. L’intelligenza è tutto ciò che abbiamo. Impariamo a rispettarla e soprattutto a viverla. Non è un Bignami di storia del comunismo o anche di storia femminista, lgbt+ o intersezionale quello di cui necessitiamo. Abbiamo bisogno di un Che fare che sappia davvero interpretare il presente per orientarlo verso il comunismo. E questa linea non nascerà da un leader solo al comando, ma da un soggetto collettivo, se può ancora nascere in questo Partito.
Vorrei infine che emergesse con più forza, insieme all’analisi dell’intercapitalismo finanzario globale ( che non è un multipolarismo di alternative praticabili), una questione nazionale legata al governo Meloni. Una questione che in altri periodi della nostra storia portò alle rivolte di massa contro il governo Tambroni. Questione focale del nostro presente. E vorrei citare le parole di Enrico Berlinguer:
“Bisogna agire sul piano della rimozione di quelle cause, delle radici sociali che generano incessantemente il fascismo, cioè bisogna fare quelle riforme della struttura economica e sociale che generano incessantemente il fascismo, cioè bisogna fare quelle riforme della struttura economica e sociale del paese che tagliano alla base il potere economico, finanziario e quindi anche politico dei grandi gruppi privilegiati, che, appunto, sono quelli che alimentano il fascism” – ( Enrico Berlinguer, Lavorare per l’unità di tutte le forze popolari, Incontro con operai dell’Anic di Ravenna, 8 novembre 1973 ).
*Femminista, saggista, documentarista, Federazione di Roma, componente del Cpn.